Che la Western Conference sia quella che di più fra le due crea confusione e non lascia spazio a previsioni affidabili, negli ultimi anni, tendevamo ad averlo capito.
Nel 2017-18 la lotta per i playoff dietro Golden State Warriors e Houston Rockets è stata così equilibrata che alla fine sono arrivate sei squadre in due partite, e per decidere l’ottavo posto si è arrivati fino all’ultima partita della stagione, in cui i Minnesota Timberwolves hanno avuto la meglio sui Denver Nuggets in un vero e proprio scontro diretto.
Quest’anno, le cose non sembrano essere particolarmente cambiate. Anzi, se possibile sono ‘peggiorate’.
Prendiamo per conclamato che le gerarchie delle primissime posizioni si siano bene o male assestate:
- Golden State resta chiaramente la favorita nonostante il periodo non proprio d’oro, e non arriverà oltre il secondo seed.
- Denver al momento è in testa alla Conference, è sopravvissuta agli infortuni di Gary Harris e Paul Millsap (il secondo è già tornato in campo, in anticipo), e grazie a un Nikola Jokic formato MVP, uno scoppiettante Jamal Murray e una panchina che si sta rivelando tra le migliori della lega ha tutte le carte in regola per restare ai piani alti fino ad Aprile
- Oklahoma City sembra finalmente aver trovato la formula giusta, i Thunder possono contare sulla miglior difesa della lega e un Paul George che sta giocando il miglior basket della propria carriera. Russell Westbrook sta tirando con le peggiori percentuali da anni, ma riesce comunque ad impattare le altri parti del gioco, si sta guadagnando il primo quintetto difensivo All-NBA (miglior difensive rating della lega e leader in palle rubate) e offensivamente può solo migliorare. Se OKC è a ridosso del primo seed con lui in queste condizioni, in futuro potrebbe far seriamente paura.
- Gli Houston Rockets erano il titolo negativo di questa regular season, ma dopo un inizio con 11 vittorie e 14 sconfitte hanno dominato il mese di Dicembre, vinto 11 delle ultime 13 partite, e nonostante gli infortuni di Chris Paul, che starà fuori ancora qualche settimana, ed Eric Gordon, in procinto di rientrare, sono tornati tra le prime quattro e sembrano avere tutte le intenzioni di rimanerci. Il motivo ha nome e cognome, che rispondono chiaramente a James Harden. L’MVP in carica sta facendo qualcosa di mai visto prima, è a oltre 40 punti, 7 rimbalzi e 9 assist di media durante la striscia, tira da 3 più di 16 volte a partita (col 42% abbondante) e sembra non poter avere freni. Può sostenere questo ritmo? Probabilmente no. Può aver ridato a Houston quella fiducia che permetterà alla squadra di restare in alto, in concomitanza col ritorno di Chris Paul? Probabilmente sì.
Ok, queste sono le squadre che con ogni probabilità si spartiranno le prime quattro posizioni. Ma dietro che succede?
La cosa veramente incredibile della Western Conference versione 2018-19 è che letteralmente ogni squadra che non si chiami Phoenix Suns, e quindi 14/15, può/vuole raggiungere la postseason.
La candidatura più importante a comandare the middle of the pack, al momento, è quella dei San Antonio Spurs (23-17), che dopo aver attraversato il momento tecnicamente più difficile degli ultimi anni a Novembre, si sono ripresi con forza nelle ultime 5 settimane e hanno vinto 13 delle ultime 18 partite, con il miglior net rating della lega.
DeMar Derozan sembra essersi definitivamente calato nel ruolo di combo guard, amministrando un po’ tutto quel che succede nella metà campo offensiva, LaMarcus Aldridge offre una solidità difficilmente ritrovabile cercando altrove – quantomeno per quanto riguarda i punti segnati – e un po’ tutto il resto del roster, dal miglior Rudy Gay degli ultimi anni ai ritrovati Derrick White, Bryn Forbes e Jacob Poeltl, sembra in grado di dare il proprio contributo (senza dimenticarsi dei veterani Patty Mills e Marco Belinelli).
Coach Popovich, seguendo il proprio mindset, vorrà tenere la squadra competitiva fino a quando non lascerà la panchina di San Antonio, e sembra aver trovato la formula per arrivare ai playoff anche in questa stagione (sarebbe la 21esima qualificazione consecutiva alla postseason, record folle). Tra poche settimane, dovrebbe tornare disponibile anche Lonnie Walker III.
In realtà, fino al Christmas Day in casa degli Warriors il quarto posto era affare dei Los Angeles Lakers, nettamente in rampa di lancio ma che si sono improvvisamente trovati senza LeBron James; con il #23 fuori il record dice 1-5, e se una sconfitta è arrivata allo scadere su un campo difficile come Sacramento, e l’altra in casa contro i Thunder di cui sopra, i due stop contro Clippers, Knicks e Timberwolves uniti al tutto non possono far star tranquilli i tifosi.
Nel momento in cui scrivo i Lakers (21-19) sono all’ottavo posto, solo una partita davanti proprio ai Jazz, e con il ritorno di LeBron non lontano, ma nemmeno dietro l’angolo, la possibilità di perdere ulteriore terreno e uscire dal quadro playoff per la prima volta nelle ultime settimane è reale.
Certo, con il ritorno a pieno regime di James LA tornerà prepotentemente ai vertici del power ranking, ma la competitività della Conference rischia di vederli scivolare fuori dalla lotta per il fattore campo. La loro partecipazione alla postseason non dovrebbe comunque essere eccessivamente a rischio.
Sempre a Los Angeles, sponda Clippers, le cose sono tutt’altro che chiare. Dopo un primo mese sprint il ritmo della squadra di Doc Rivers si è ragionevolmente assestato, Gallinari e compagni al momento sono quarti ad Ovest (23-16) e sembrano aver trovato il proprio equilibrio. Il punto è che ai Clippers fare i playoff potrebbe non interessare poi così tanto in realtà. Tobias Harris, il miglior giocatore della squadra, andrà in scadenza a fine anno, e dopo aver rifiutato un rinnovo quadriennale da 80 milioni complessivi nel 2018, chiederà con ogni probabilità più soldi per rimanere a LA. Soldi che i Clippers potrebbero non essere disposti a offrirgli, vista la possibilità di arrivare a un grande nome in free agency (l’obiettivo numero uno è ovviamente Kawhi Leonard).
Se Jerry West dovesse pararsi dalla possibilità di perdere Harris a zero scambiandolo nel prossimo mese, prima della trade deadline, gli equilibri della squadra potrebbero ragionevolmente cambiare.
I Portland Trail Blazers (23-17) sono sempre gli stessi, eppure sono sempre là. Con l’assestarsi di Damian Lillard nel vero e proprio olimpo della lega, la crescita di Jusus Nurkic che ormai non deve più stupire nessuno, e il solito importante contributo di CJ McCollum (che potrebbe a sua volta non aver vita lunga nell’Oregon, supposizioni), Evan Turner ed Al Farouq Aminu, è più che probabile che ci troveremo la squadra del sempre sottovalutato Terry Stotts pronta, ancora una volta, per l’inizio dei playoff. Con quali nuove carte da giocarsi resta un mistero.
A questo punto gli 8 posti sono esauriti, le squadre elencate finora sono quelle che accederebbero ai playoff se la stagione finisse oggi. Ed è qui che comincia il casino vero.
La più grande sorpresa di questa stagione sono unanimemente i Sacramento Kings (19-20), che sono passati dal disastro più totale degli ultimi anni a una nuova vita, grazie al ridisegnamento tattico della squadra da parte di coach Joerger che ha dato nuova vita ai vari De’Aaron Fox, Buddy Hield e Willie Cauley-Stein.
Il pensiero comunque dopo le prime stupefacenti settimane era che sì, a un certo punto Sacramento avrebbe pesantemente rallentato e sarebbe tornata a dare più attenzione alla lottery che alla lotta playoff. Ogni volta che i Kings sono stati dati per morti dopo una brutta sconfitta, però, sono tornati più forti di prima raccogliendo anche scalpi importanti (Lakers e Thunder i più recenti), e possono contare su un core giovane che ha possibilità di tenere questo ritmo fino alla fine della regular season (sono la squadra col secondo Pace più alto della lega).
Il discorso opposto si potrebbe fare per i Memphis Grizzlies (18-21), che dopo un inizio folgorante con la versione 2.0 del Grit and Grind nelle ultime 3 settimane hanno subito diversi stop. Jaren Jackson Jr. sta soffrendo un minimo di Rookie Wall, e la competitività della Conference in certe partite non ha lasciato scampo a una squadra che si sta categoricamente rifiutando di adattarsi ai ritmi sfrenati del resto della lega, e continua a giocare al proprio inesorabilmente lento ritmo.
Il recente arrivo di Justin Holiday, però, certifica la volontà della squadra di andare all-in per i playoff con questo gruppo. Costi quel che costi, Memphis ci proverà fino all’ultimo.
Altro discorso ancora quello da fare per i Dallas Mavericks (18-21). Tutta l’attenzione, quando si parla della franchigia texana, riguarda legittimamente Luka Doncic, che sta continuando a meravigliare la lega ed è fresco vincitore del secondo premio consecutivo come rookie del mese per la Western Conference.
La verità però è che Dallas sta subendo dei notevoli rallentamenti, va in difficoltà appena l’avversario è una squadra con il record sopra il 50% e ha perso 9 delle ultime 12 partite. Il solo Doncic, per quanto fenomenale, non può ancora portare da solo una squadra ai playoff, ed è probabile che coach Carlisle abbia già sparato tutte le cartucce che questo roster ha a disposizione.
Gli Utah Jazz rientrano in questa parte del gruppo ma danno la sensazione di star cominciando a capire cosa non andasse. La squadra è in ripresa (20-20) e sembra pronta al tipo di striscia che la portò a finire la scorsa stagione con 3o vittorie e 11 sconfitte negli ultimi 3 mesi e mezzo. Nel ’17-18 a innescare la rimonta fu il ritorno da infortuni vari di Rudy Gobert, quest’anno i Jazz son sempre stati sani invece. Che sia semplicemente una caratteristica del roster avere bisogno di qualche mese per adattarsi ai nuovi avversari? In ogni caso, se c’è una squadra che più delle altre è favorita per agguantare uno degli ultimi 4 posti disponibili, è proprio quella di coach Snyder.
I New Orleans Pelicans, dalla loro, nelle ultime due settimane hanno probabilmente rubato lo scettro di drama-team della lega. I risultati continuano a scarseggiare, il record piange (18-22, penultimo posto) e il ritorno imminente ma non troppo di Nikola Mirotic non sembra in grado di poter risolvere granchè. Certo, è stato fuori per diverse settimane anche Elfryd Payton, ma siamo sicuri che lui da solo sia in grado di risollevare il destino di una squadra che non riesce a vincere neanche con questo Anthony Davis?
Il nativo di Chicago è stato al centro di ogni tipo di rumor ultimamente, e tutti hanno parlato della possibilità che NOLA debba cedere e scambiarlo durante l’estate 2019, per non rischiare di vederlo andare via gratis nel 2020 quando il suo contratto scadrà. Il destino di Davis verosimilmente sposterà gli equilibri di tutta la lega, il suo cambio di maglia potrebbe risultare più importante di quelli ipotetici di Kevin Durant e Kawhi Leonard. Solo una seconda parte di stagione fuori da ogni logica dei Pelicans potrebbe convincerlo a restare e non chiedere la trade, almeno nell’immediato. Ma non ci scommetterei.
Ultimi, e in questo caso anche per importanza, nel gruppo delle pretendenti ai playoff ci sono i Minnesota Timberwolves (19-21). La franchigia di Minneapolis è uscita meglio del previsto dall’affair Jimmy Butler, e ha ottenuto in cambio oltre a Dario Saric un giocatore fondamentale come Robert Covington, capace di garantire quel tipo di lavoro in 3&D che in certi momenti ha dato nuova vita a Minnie. Towns è salito di colpi senza Butler, Rose sta giocando il proprio miglior basket dai tempi di Chicago, ma il punto è che ai Wolves manca il talento per competere realmente fino in fondo, i problemi son più che noti (Wiggins in primis), e forse una gita in lottery farebbe bene alla squadra. Ah, ieri sera è arrivata anche la notizia del licenziamento di Tom Thibodeau, tanto per rendere le cose più tranquille.
Qual è, quindi, il saldo?
La sostanza resta che fare una previsione, a oggi, è cosa veramente proibitiva. Se dovessi sbilanciarmi personalmente, vedo le prime otto, in questo ordine, come Warriors, Thunder, Nuggets, Rockets, Lakers, Jazz, Spurs, Kings. Parlando di Sacramento il mio giudizio è parziale, soggettivamente sono innamorato della squadra, e lasciare fuori Clippers e Blazers a oggi potrebbe sembrare proibitivo, ma la Western Conference ci ha insegnato a non dare niente per scontato.
A meno che non si parli dei Golden State Warriors, che rassegnamoci, sono ancora i più forti.