LA STANZA DEI SIGARI
E’ tradizione ormai consolidata da tempo, negli Stati Uniti, quella di fumarsi un sigaro per celebrare il conseguimento di un traguardo sportivo importante.
Nella NBA il “sigaro della vittoria” è diventato un rito immancabile per qualsiasi squadra che riesce a vincere l’anello a fine stagione, una consuetudine che si è affermata soprattutto grazie a Red Auerbach il quale aveva la frequente abitudine sul finire di ogni partita data per vinta dei suoi Celtics di prelevare un lungo sigaro dall’interno della giacca e di accenderselo a bordo campo, un segnale inequivocabile che la partita poteva dirsi in ghiaccio.
Il sigaro è diventato dunque un modo considerato da molti elegante per celebrare una sofferta vittoria, un metodo d’altri tempi per cercare di godersi con rilassatezza e leggerezza il momento che si sta vivendo.
Ovviamente anche i Chicago Bulls hanno onorato questa consuetudine durante gli anni 90, ed infatti a perenne testimonianza di ciò sono celebri e frequenti le foto in cui Michael Jordan fuma il sigaro durante i festeggiamenti dei suoi diversi titoli: una vera e propria passione quella tra Michael e il sigaro, che condivide anche con Dennis Rodman altro estimatore del tabacco.
Tuttavia il sigaro di questo retroscena non fa riferimento ad una vittoria bensì alla fine di un lungo cammino.
E’ Phil Jackson a raccontarci come alla fine della stagione 1998 tutti i membri della squadra dei Bulls si siano riuniti per una festa in uno dei ristoranti di Michael in quel di Chicago.
Terminati i festeggiamenti e le celebrazioni ogni giocatore fu invitato da Michael a prendere posto nella sua personale stanza dei sigari all’interno del ristorante, per lasciarsi andare ai racconti ed ai ricordi.
Se solo quelle mure potessero parlare verrebbe da dire, visto che ogni giocatore si mise a raccontare episodi e storie che passavano dal gossip al profano; ci furono anche dei brindisi: Jackson dedicò il suo a Ron Harper per la trasformazione che aveva adottato per diventare un uomo squadra, mentre Pippen alzò il calice in onore del suo amico Michael affermando che niente di tutto ciò che era successo sarebbe stato possibile senza MJ.
Nulla era stato ancora deciso definitivamente dalla dirigenza, ma a tutti sembrava cristallino che quella sarebbe stata la fine irrimandabile della dinastia vincente dei Chicago Bulls, la chiusura perfetta per la storia di quella incredibile squadra celebrata ovviamente con un buon sigaro.
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