Verde, acqua, benessere, paesaggi strepitosi tra natura e città. Siamo nel nord-ovest degli USA, Stato di Washington, non lontano dal confine canadese. Qui il Pacifico si insinua per oltre centocinquanta chilometri nel Puget Sound, un complesso sistema di estuari fluviali, canali, baie e fiordi su cui si affaccia Seattle, affiancata dalle sue città satelliti. Una di esse è Federal Way, diventata comune autonomo solo nel 1990 – negli Stati Uniti le chiamano incorporated town – ma nata un secolo fa come insediamento legato alle attività di taglio e commercio del legname lungo l’allora Federal Highway U.S. 99, oggi State Route 99 o Pacific Highway South, da cui il nome.
Qui, in questa città costiera di circa 95 mila abitanti, oggi residenza preferita di sportivi professionisti di calcio e di baseball ma anche del pattinatore olimpionico Apolo Ohno, sta crescendo uno dei prospetti più interessanti dell’high school basketball: il suo nome è Jaden McDaniels, ruolo ala forte, due metri e dieci di altezza e quasi altrettanti di apertura di braccia, che soprattutto nell’ultimo anno ha vertiginosamente scalato i ranking nazionali, piazzandosi al momento al quinto posto secondo 247Sports, al sesto per ESPN e al settimo per PrepHoops. Dettagli.
Jaden McDaniels è un potenziale prospetto NBA della classe 2020 e sta completando l’anno da senior al liceo. Nonostante sia nato nel settembre 2000 e quindi si avvii a compiere diciannove anni, non è eleggibile al Draft 2019, in quanto oltre all’età anagrafica minima deve essere passato almeno un anno dal diploma di liceo. Le sue caratteristiche, neanche a dirlo, si configurano ideali per la pallacanestro di oggi: un lungo assolutamente contemporaneo, in grado di giocare sul perimetro e di aprire il campo, uno stretch-4 che fa venire in mente un tale che dalle parti di Seattle, anche se per una sola stagione, qualche ricordo lo ha lasciato: Kevin Durant.
Jaden McDaniels YOU CAN’T BE SERIOUS 🙃 @Jmcdaniels7 pic.twitter.com/urSoU3aZ4v
— Overtime (@overtime) 15 dicembre 2018
Jaden McDaniels è l’elemento di spicco della Federal Way High School, che da matricola ha condotto al titolo statale di Washington nella categoria 4A nel 2016. Impresa in realtà non nuova agli Eagles, già riuscita anche prima del suo arrivo nel 2009 e nel 2015. Con Jaden, tuttavia, la squadra è arrivata in finale pure nel 2017 e sta puntando alla vittoria del campionato nel corrente 2019. Jaden ha un fratello, Jalen McDaniels, che differisce da lui per una sola consonante e per due anni in più sulla carta d’identità, ma non così diverso in quanto ad aspetto fisico e ad attitudine sul parquet.
Oggi Jalen è in forza a San Diego State, l’università frequentata in passato da Kawhi Leonard e che è in corsa per assicurarsi anche i servigi di Jaden, insieme alla casalinga Washington – dove troverebbe il suo amico e top prospect Isaiah Stewart, oltre a Quade Green in trasferimento da Kentucky – e alle powerhouse Texas, UCLA e Kentucky che hanno già indirizzato i loro sguardi a nord-ovest. Jaden ha fatto intendere che annuncerà la sua scelta soltanto al termine della stagione di high school. In ogni caso, in casa McDaniels c’è tutta l’intenzione di non esasperare la fatidica decisione che attende Jaden.
Jalen e Jaden hanno un padre che si chiama Will, fa il meccanico specializzato alla Boeing – ve lo ricordate il motivo per cui la super-rimpianta squadra NBA di Seattle si chiamava SuperSonics, vero? – e giunge sul posto di lavoro ogni mattina alle 5.30. Un tipo, insomma, con pochi grilli per la testa, forse nessuno. Vive separato dalla madre dei due ragazzi, ma non troppo distante, in modo che i figli possano vedere con regolarità entrambi i genitori. Will McDaniels, dopo aver sperimentato la non semplice realtà del processo di reclutamento che due anni fa ha interessato il maggiore Jalen, segue ora passo dopo passo lo stesso percorso che si trova a vivere il minore Jaden, non senza apprensione.
Will è molto presente nella vita del figlio e lo accompagna pedissequamente in questo periodo così affascinante e delicato, in cui alle gioie dell’adolescenza si mescolano le tensioni di un reclutamento senza sosta a cui un ragazzo appena maggiorenne come Jaden viene sottoposto dal formidabile sistema sportivo americano, che ha nelle scuole di ogni ordine e grado un infinito e inesauribile vivaio di promesse.
Jaden McDaniels al Tark Classic.
Nella situazione odierna del basket made in USA, quando si ode l’espressione “padre molto presente nella vita dei figli possibili future star NBA”, il pensiero schizza inevitabilmente a un pimpante e borioso uomo di mezz’età che di nome fa LaVar e di cognome Ball. Il padre di Lonzo, LiAngelo e LaMelo è diventato una specie di distorsione del sistema, il simbolo del genitore “perverso” che cerca attenzioni e titoli attraverso memorabili sparate sui social o ai microfoni, perdendo forse di vista il confine tra il bene che si vuole ai propri figli e l’appagamento del proprio egocentrismo.
Con Will McDaniels, almeno per ora, la situazione appare ben diversa: non brama i riflettori puntati su di sé, non fiuta affari ma vuole solo essere vicino al suo Jaden, fare in modo che si goda la sua età, che resti un teenager finché sarà tale, che non perda la spensieratezza delle uscite con gli amici o la passione per la sua materia preferita a scuola, le scienze. Il controllo su suo figlio c’è ed è innegabile, tanto che Jaden, se contattato al telefono da qualche allenatore di college, sbrigati i convenevoli non esita a passare la patata bollente al padre, il quale, analogamente, taglia corto. Will esige trasparenza e rispetto – saranno questi i criteri per la scelta dell’università, non il prestigio di questo o di quell’ateneo – per proteggere suo figlio dalle immancabili trappole che si celano lungo il percorso, mantenendo la comunicazione sempre chiara e sotto controllo, tanto che non vuole che Jaden usi troppo i social. Spiega così la sua posizione:
“Ogni volta che un coach si presenta a mio figlio, sento come se queste persone possano parlare di qualsiasi cosa a un ragazzo di diciassette anni. La gente crede che, se sono bravi a giocare a basket, allora possono essere abbastanza smaliziati da avere conversazioni da adulti, ma non è così. È vero, ci sono molti ragazzi già maturi per ogni tipo di discorso, ma nulla toglie il fatto che siano ancora ragazzi. Alcuni di questi allenatori dimenticano che ci sono già passato con Jalen: grandi college che ti chiamano per dirti ‘Hey, ci piace come giochi e ti vogliamo con noi, sarai subito titolare’, ma non è vero. La mia risposta è sempre la stessa: ‘Grazie, ci piace tutto, ma voglio che non offriate niente a Jaden’. Ho imparato che non hanno limiti, mi contattano giorno e notte per parlarmi di lui, si avvicinano ai tornei. Io faccio il padre e voglio proteggere mio figlio, qualche limite devo metterlo”.
Il maggiore insegnamento che Will ha trasmesso a Jalen e a Jaden è molto semplice: lavora sodo e tutto andrà bene. Un valore non di poco conto, in un’epoca in cui i quattordicenni entrano alla high school già circondati da un’aura di celebrità e vogliono vedere subito i risultati, vogliono prendersi in men che non si dica il futuro predisposto per loro. Per i fratelli McDaniels, invece, niente era già scontato e la loro ascesa nei ranking nazionali è avvenuta all’insegna dell’allenamento continuo, del lavoro duro e delle risposte fornite sempre e solo in palestra e sul rettangolo di gioco.
I 51 punti di Jaden McDaniels, record della Federal Way High School.
È così che, settimana dopo settimana, mese dopo mese, Jaden McDaniels è diventato un giocatore incredibilmente completo e versatile, in grado di giocare in ogni ruolo, tirare da qualsiasi posizione, difendere sia in post basso sia sul perimetro, correre in campo aperto, catturare rimbalzi, stoppare e ovviamente volare al ferro in roboanti schiacciate. Oltre a quello pesante con Kevin Durant, in quanto a paragoni è stato affiancato anche a Jonathan Isaac e a Brandon Ingram. Ball handling e visione di gioco da point guard in un fisico di 2,10 ancora da riempire, ma questo sembra soltanto un dettaglio a cui ovviare con il tempo e con il lavoro. Jaden sfrutta al meglio la sua enorme agilità anche nel gioco senza palla ed è una minaccia costante in backdoor quando vola al ferro per arpionare un lob. Se incrementa la struttura muscolare e perfeziona il tiro da tre, sarà sicuramente una scelta altissima al Draft 2020.
Jaden è esploso soprattutto nella primavera e nell’estate 2018, tra stagione di high school e circuiti AAU, EYBL e altri tornei, giocando point guard e viaggiando in doppia doppia punti-rimbalzi con un allegato di almeno 3 stoppate ad allacciata di scarpe. E non accenna a fermarsi: a gennaio 2019, subito dopo la sua convocazione al McDonald’s All-American Game, ha battuto il record della sua scuola segnando 51 punti nella vittoria 106-42 sulla Todd Beamer High School. Il precedente primato alla Federal Way High School erano i 49 punti realizzati nel 1991 da Donny Marshall, visto in seguito ai Cavaliers e ai Nets. Jaden dice del suo strepitoso 2018:
“È stato divertente competere contro tutti i prospetti top che erano avanti a me nei ranking. Ho soltanto mostrato loro che posso giocare a questo livello”.
Jaden, che trova concentrazione ascoltando musica prima della palla a due, in particolare tracce del rapper di Chicago G-Herbo, ha imparato che la leadership non è una questione di un giorno o di una settimana, ma un lavoro costante e non riguarda se stesso e il successo individuale, bensì i compagni. Come spesso accade, il livello fisico e tecnico di McDaniels è talmente superiore a quello standard dei campionati liceali dello Stato di Washington. Infatti, il suo coach Yattah Reed, per rendere più interessanti le partite facili, gli pone obiettivi mirati da raggiungere, come deviazioni, assist, tiri dal palleggio, rimbalzi, coinvolgimento dei compagni. Tutto ciò per aiutare Jaden a svilupparsi senza sosta, indipendentemente dal livello della competizione.
Intanto Jaden McDaniels passa le estati allenandosi con Tim Manson, trainer piuttosto rinomato nel sempre florido panorama cestistico di Seattle (ha lavorato con KD, Nate Robinson, Terrence Williams), e guarda al futuro giorno dopo giorno, senza egoismi e senza montarsi la testa:
“Vincere un altro campionato statale sarebbe bello. Sto facendo un passo alla volta, andando ai tornei nazionali con i migliori prospetti e cercando di migliorare ogni giorno in allenamento e aiutare i miei compagni. Sento che posso crescere ancora molto, comunicare di più in difesa e rendere migliore la chimica di squadra”.
Throwback
Oak Lawn è un sobborgo a sud-ovest di Chicago, nelle immense periferie della Windy City. Qui, alla Harold L. Richards High School, andava a scuola un ragazzo cresciuto nel violento South Side della metropoli dell’Illinois, in mezzo a difficoltà che a quell’età nessuno meriterebbe di dover affrontare. Stiamo parlando di Dwyane Wade, uno dei tanti giovani di queste parti per i quali il basket e lo sport in genere era una via di uscita, un porto sicuro (o quasi, se si pensa alla storia di Damari Hendrix narrata nella scorsa puntata) dove trovare rifugio da un ambiente esasperato da droga, gang e sparatorie.
Figlio di una tossicodipendente che entra e esce di galera, Dwyane è di fatto cresciuto dalla sorella maggiore Tragil. Ogni volta che prende in mano una palla da basket, il suo sogno ricorrente veste la canotta rossonera, recante sulla schiena il numero 23 sormontato dal cognome Jordan. Al liceo, però, Wade sembra avere più successo nel football, come wide receiver, mentre la squadra di basket è dominata dal fratellastro Demetris McDaniel.
Nei primi due anni con la maglia numero 25 dei Bulldogs della Richards HS, Dwyane trova poco spazio. Ad aiutarlo, oltre che un costante allenamento, è una crescita di dieci centimetri all’età di sedici anni. Così riesce finalmente a guadagnarsi un ruolo da titolare nei due ultimi anni di liceo. Nella stagione da senior, tiene una media di 27 punti e 11 rimbalzi, guidando la squadra a un record di 24-5. Fissa anche i primati della scuola per punti segnati (676) e palle rubate (106) in una stagione. Coach Jack Fitzgerald è per lui un secondo padre. Per Wade si faranno vive solo tre università di un certo livello: Marquette, Illinois State e DePaul. Sceglie la prima. E il resto lo sapete.
High School Stuff
Ci vediamo da McDonald’s!
Resi noti i ventiquattro convocati che scenderanno in campo il 27 marzo 2019 alla State Farm Arena di Atlanta per il McDonald’s All-American Game, la partita che riunisce i migliori prospetti di high school degli Stati Uniti e del Canada. Una sorta di All-Star Game giovanile che si disputa dal 1977 e che dal 2002 consta anche della partita femminile. Tra i convocati di quest’anno spicca l’italo-americano Nico Mannion. East Team: guardie Cole Anthony, Anthony Edwards, Josiah James; ali Precious Achiuwa, Scottie Lewis, Jaden McDaniels, Wendell Moore, Trenton Watford; centri Armando Bacot, Vernon Carey Jr., Trayce Jackson-Davis, Isaiah Stewart. Coach: Ed Fritz. West Team: guardie Bryan Antoine, Josh Green, Tre Mann, Nico Mannion, Tyrese Maxey; ali Matthew Hurt, Isaiah Mobley, Jeremiah Robinson-Earl, Kahlil Whitney, Samuell Williamson; centri Oscar Tshiebwe, James Wiseman. Coach: Kurt Keener.
The Baskets
C’è una famiglia a West Milford, in New Jersey, che di cognome fa… Basket. Gli sportivissimi Eileen & Tyrone Basket, 54 e 55 anni, sono genitori di sette figli maschi – il maggiore ha 26 anni e il più piccolo 13 – e da oltre un decennio nelle squadre della West Milford High School c’è sempre almeno un Basket. Nomen omen: la passione per la pallacanestro in casa Basket è ovviamente fortissima, tanto che mamma Eileen la paragona alla sede di una confraternita studentesca sempre piena di allegria e di… roba da lavare! Infatti c’è sempre qualcuno, in ogni stagione e con ogni temperatura, che gioca a basket nel cortile, dove non c’è uno ma ben tre canestri. Tyrone ed Eileen si sono conosciuti nel 1988. Dal 2002 al 2005 sono nati nell’ordine Tyrone Jr., Joshua, Luke, Noah, Blaise, Josiah e Seamus.
Nico Mannion superstar
Dopo la convocazione al McDonald’s All-American Game, 57 punti messi a segno nella senior night – l’ultima partita in casa dei liceali all’ultimo anno di scuola – con tanto di spettacolare game winner per la sua Pinnacle High School sugli avversari della Chaparral, Arizona (lo trovate al minuto 11’30” del video qui sotto). Non si ferma l’ascesa di Nico Mannion tra i migliori prospetti di high school degli Stati Uniti, uno dei primi considerando solo le point guard. Il figlio di Pace, eleggibile per la nazionale italiana con la quale ha già esordito, andrà al college ad Arizona e un futuro in NBA si profila sempre più alla sua portata.
The Gym
Latta High School
Ada, Oklahoma
Home of the Panthers