C’è stato un tempo, prima di Steph Curry, Klay Thompson e Kevin Durant, nel quale i Golden State Warriors emozionavano i fan grazie a un terzetto sensazionale. Erano gli anni ’90, e la maglia degli Warriors la indossavano Chris Mullin, Mitch Richmond e Tim Hardaway. Le arene NBA si lasciavano incantare notte dopo notte da quella squadra, frizzante e divertente, il cui gioco non stancava mai.
Circa 20 anni dopo sia Richmond che Mullin sono entrati a far parte della Naismith Memorial Basketball Hall of Fame, mentre un simile onore non è ancora toccato a Tim Hardaway, nonostante l’ex superstar di Golden State (poi passata ai Miami Heat) sia stata nominata finalista per ben cinque volte. Ed è stato lui stesso, in una recente intervista, a spiegare come questa esclusione sarebbe dovuta principalmente a un incidente avvenuto fuori dal campo:
“Beh, sai, il motivo per cui non sono [nella Hall of Fame] è quello che ho detto nel 2007 sui gay. Questo è il motivo per cui non sono stato inserito per adesso, e lo capisco. Ho ferito i sentimenti di molte persone, ed è stato veramente imperdonabile da parte mia dire ciò che ho detto”
Nel 2007 infatti, durante un’intervista radiofonica con Dan Le Batard, Hardaway aveva chiaramente detto che non avrebbe voluto avere un compagno di squadra omosessuale. E quando l’intervistatore, spiazzato, gli aveva detto che quei commenti suonavano omofobi, il giocatore aveva rincarato la dose:
“Sai, odio i gay, e voglio farlo sapere. Non mi piacciono i gay. Non mi piace avere dei gay intorno. Sono omofobo”
Dichiarazioni molto forti, che avevano causato la protesta della comunità omosessuale statunitense, capeggiata dall’ex giocatore NBA John Amaechi, che sosteneva come quelle parole dimostrassero una “enorme e sconfinata mancanza di empatia”. La lega, nella persona dell’allora commissioner David Stern, aveva preso subito provvedimenti impededo a Hardaway di partecipare in qualsiasi modo all’All Star Weekend di quell’anno.
Dopo quelle gravi parole Hardaway è cambiato molto: si è associato a molte associazioni no-profit che si occupano dei diritti della comunità LGBTQ, è stato il primo a sottoscrivere la petizione per la legalizzazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso in Florida e ha chiamato Jason Collins dopo che il veterano aveva fatto coming out nel 2014 per offrirgli il suo sostegno. Azioni che però non sembrano essere riuscite a cancellare l’onda lunga di quei malaugurati commenti:
“Sì, questo è il motivo per cui non sono incluso, e lo capisco. Non posso farci nulla. Bisogna farsi carico delle proprie botte e dei propri lividi, ed è quello che ho fatto. Provo a rimanere positivo. Fa male. Ma capisco le implicazioni di ciò che ho detto. Capisco perché non sono incluso”
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