L’immagine è sorprendente, cupa, un po ‘inquietante.
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Kevin Durant, tubi nelle narici, una tunica color cipria si allunga sul petto, cuscini appoggiati dietro la testa, un braccialetto da ospedale sull’avambraccio sinistro, una sacca appesa vicino. Occhi stretti, viso teso, senza che lasci trasparire alcuna emozione.
Sto soffrendo profondamente, ma sto bene.
Da qualche parte, fuori dalla cornice dell’istantanea, c’era una gamba destra fasciata dai medici che hanno operato il suo tendine d’Achille, ancora rotto quella mattina.
Solo due notti prima, Kevin Durant stava danzando all’interno dell’arena, sparando da tre punti in una partita decisiva come non mai per l’esito delle NBA Finals, tuffandosi su ogni palla vagante, rimbalzando a canestro, sorridendo.
Per 11 minuti e 57 secondi, era ritornato ad essere la superstar dell’NBA che ci aveva abituato ad ammirare: allampanata, abbagliante, letale.
Questa è l’immagine a cui gli appassionati di basket si aggrappano, di Kevin Durant, l’EasyMoneySniper, come è noto su Instagram. È un’immagine che probabilmente non rivedremo per un po ‘di tempo, che potrebbe non sembrare mai più la stessa.
Non c’è forse nessun infortunio più duro, per un giocatore NBA, da superare rispetto ad un tendine d’Achille lesionato, e il cammino risulta ancora più impervio per un atleta che ha superato la sottile linea rossa della “vecchiaia sportiva”.
Kevin Durant compirà 31 anni a settembre. Probabilmente avrà 32 anni quando giocherà di nuovo, in base ai tempi di recupero a cui ci ha abituato la lega. E potrebbe non essere mai più lo stesso giocatore.
La storia dei giocatori NBA di ritorno da infortuni al tendine d’Achille è, in linea di massima, piuttosto desolante. Pochi riguadagnano il loro pieno atletismo ed efficacia, quasi tutti vedono un calo della produzione e dell’efficienza.
Penso che probabilmente vedremo il giocatore più rallentato. Almeno, questo è quello che mostrano gli studi, che ci sarà un calo della produttività.
Queste sono state le parole di Jeff Stotts, un allenatore atletico che analizza le tendenze degli infortuni su InStreetClothes.com.
Assistere alla ferita è stato davvero devastante, sia per i suoi compagni di squadra, per i suoi allenatori, per la sua legione di fan e sicuramente per i dirigenti che lo hanno autorizzato a giocare quella maledetta Gara 5 delle Finals, nonostante un problema al polpaccio che già lo aveva tenuto fuori per più di un mese.
Ma è la natura dell’infortunio, e le sue implicazioni che più dovranno far riflettere.
Probabilmente, grazie alla vittoria dei Toronto Raptors e al recente trasferimento di Anthony Davis, è passata sottobanco la parte di cui nessuno sembra ancora volerne parlare: e se Kevin Durant non fosse mai più Kevin Durant?
È difficile tornare a un livello di gioco d’elite in seguito a quel tipo di infortunio, specialmente nel basket, con costanti e improvvisi movimenti, l’integrità del tendine d’Achille è fondamentale e vitale.
Il suo tiro ed il suo dolce tocco saranno sempre lì. Durant sarà sempre un giocatore alto 7 piedi (o quasi, anche se non credo lo ammetterà mai) incastonato nelle abilità di guardia.
Ma se la storia è una guida, probabilmente sarà un po’ meno esile, un po’ meno esplosivo, più limitato lateralmente. Ovviamente l’erosione sarebbe arrivata anche senza infortuni, quando Kevin Durant sarebbe entrato nella sua fase discendente, ma questo genere di trauma quasi certamente lo affretterà.
In generale, gli atleti che ritornano da una rottura di Achille giocano meno gare, meno minuti e si comportano peggio di prima, secondo uno studio pubblicato sull’American Journal of Sports Medicine. Lo stesso Kevin Pelton di ESPN ha cercato di stimare il calo della produzione all’8% circa.
Potrà di nuovo muoversi fluidamente? Potrà puntare ancora da quella gamba per attaccare il canestro? Ovviamente ci vorrà del tempo per riportare quella gamba al punto di partenza.
Queste sono solo alcune delle preoccupazioni di Jeff Stotts, al quale va aggiunta quella concernente l’atrofia muscolare, dato che Kevin Durant non potrà utilizzare la sua gamba infortunata mentre si riprenderò dall’intervento. Riottenere la piena forza in tempi brevi sarà dunque quasi impossibile.
Ogni giocatore è diverso. Questo è un avvertimento necessario quando si parla di infortuni. Ma Durant non ha bisogno che guardare al proprio compagno di squadra, DeMarcus Cousins, per vedere le potenziali conseguenze.
Il centro ex Kings e Pelicans infatti ha collezionato una media di 16.3 punti e 8.2 rimbalzi in 25 minuti con le 30 partite disputate per gli Warriors in questa stagione, dopo ben 12 mesi di assenza per rimettere in sesto il suo analogo infortunio al tendine d’Achille.
Anche tenendo conto di un minor numero di minuti e tentativi di tiro presi in una squadra, e sopratutto in un sistema totalmente a lui sconosciuto, il Demarcus Cousins che abbiamo avuto modo di vedere ha avuto davvero poche somiglianze con l’All-Star che si era costruito nel corso della sua carriera.
I suoi movimento erano risultati più lenti, e nel momento in cui sembrava essersi definitivamente messo alle spalle il periodo più buio, ecco figurarsi nuovamente gli spettri, sotto forma di strappo al muscolo quadricipite sinistro, nella stessa gamba del suo infortunio pregresso, dopo solo tre mesi dal suo tanto agognato ritorno.
La maggior parte dei giocatori non è mai più stata la stessa: Brandon Jennings, Elton Brand, Chauncey Billups, Kobe Bryant.
L’età è stato un fattore determinante in alcuni di questi casi. E’ doveroso ricordare come Kevin Durant sia molto più giovane di Billups o Bryant al momento dei loro infortuni, ma è anche vero che la soglia d’età chiave è già stata superato.
Si è stimato che in media, un giocatore post-infortunio possa arrivare a perdere 10 partite nel corso della stagione, e che sia più incline a subire diverse tipologie di lesioni, come ha fatto Cousins.
Non diverrà improvvisamente un uomo di 82 anni. Dico sempre che possono ritornare gli stessi giocatori che erano in passato, ma a piccole dosi, quindi meno minuti, meno gare. Potremmo rivederlo tale quale in alcuni momenti, ma che sia in grado di mantenere costanti questi ritmi è davvero, davvero dura. Kevin Durant può ancora essere un giocatore davvero grande, ma lo sarà per 28 minuti, e non potrà affrontare molti back-to-back, e dovrà inevitabilmente conservarsi per i playoff.
Un’altra preoccupazione: nel corso della sua carriera, Kevin Durant ha iscritto alla sua carriera clinica una lunga storia di lesioni dei tessuti, dal polpaccio ai muscoli posteriori della coscia a distorsioni delle caviglie.
Come se non bastasse, ha perso la maggior parte della stagione 2014/15 a causa di un piede rotto, di ritorno dal quale ha poi disputato 72, 62 e 68 partite nelle successive tre stagioni.
Il peso può certamente rivelarsi un problema per gli atleti che subiscono questo genere d’infortunio, quindi il sottile telaio sul quale si è sviluppato e riconosciuto universalmente Durant gli offre un possibile vantaggio.
Minore è la forza sul polpaccio quando un giocatore tenta un movimento, meglio è. Detto questo, il gioco di Durant non si basa solo sull’esplosività, quindi potrebbe ancora essere efficace anche con un po’ meno esplosività.
Anche così, Kevin Durant potrebbe dover aggiustare il suo gioco quando tornerà ad doversi scontrare alla sua nuova realtà fisica. Meno movimenti, forse un ritmo leggermente più lento. Può ancora essere Kevin Durant, dicono i medici, ma forse un Kevin Durant leggermente diverso.
C’è solo un precedente notevole per un All-Star in grado di ritornare in forma dopo una rottura del tendine d’Achille, e si tratta di Dominique Wilkins.
La stella degli Atlanta Hawks, che aveva 32 anni quando si ruppe il tendine d’Achille nel 1992, tornò dopo solo nove mesi, e come nelle migliori storie a lieto fine, sconfessò tutto il mondo che già sembrava avergli apparecchiato il funerale, con una media di 29,9 punti in 71 partite nella stagione successiva.
Due casi recenti forniscono più motivo di ottimismo. Rudy Gay e Wesley Matthews hanno entrambi recuperato generalmente bene dalle loro esperienze al tendine d’Achille e, pur non all’altezza dei livelli precedenti, si sono dimostrati ancora per dei giocatori efficaci.
Ma nessuno dei due era un All-Star, tanto meno un due volte MVP delle Finals e costantemente nelle conversazioni annuali per il titolo di miglior giocatore del mondo.
La barra per un recupero “di successo” sarà necessariamente più alta per Kevin Durant, e per qualsiasi franchigia che decida di ingaggiarlo per la prossima stagione e oltre.
Eppure nonostante l’infortunio non sembri aver dissuaso particolarmente i suoi pretendenti, la nuova squadra di Durant probabilmente non vedrà alcun beneficio fino alla stagione 2020-21. Numerosi studi infatti hanno mostrato risultati migliori se il giocatore impiega almeno 12 mesi prima di tornare a giocare.
È più che probabile che perderà interamente l’anno prossimo per poter tornare nelle migliori condizioni e senza forzare troppo il suo corpo.
Sarà un viaggio, ha scritto Kevin Durant su Instagram, ma sono costruito per questo, dopotutto sono un cestista.
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