Secondo appuntamento con le preview della stagione NBA; dopo il capitolo sulla Atlantic Division del 25 Settembre, oggi è la volta della Northwest Division, anche in questa stagione fra le più equilibrate e interessanti della lega nonostante un notevole cambio negli equilibri.
E’ inevitabile non partire dalla franchigia che, a livello di risultati, ha dominato la division per buona parte dell’ultimo decennio: gli Oklahoma City Thunder si affacciano per la prima volta da tanto, tantissimo tempo a una stagione votata puramente al rebuilding.
Dopo la richiesta di trade, quasi immediatamente accolta, che ha visto Paul George volare ai Los Angeles Clippers, anche Russell Westbrook ha lasciato l’Oklahoma per andare a Houston e riunirsi con James Harden, togliendo definitivamente i Thunder dal gruppo delle contender.
Chi invece ha fatto un ulteriore passo in avanti nella rincorsa al titolo sono gli Utah Jazz, freschi degli innesti di Mike Conley, Bojan Bogdanovic ed Ed Davis, che vanno a rinforzare e allungare la rotazione di un roster già importante, ma mai in grado di arrivare a giocare a fine Maggio.
Discorso simile quello da applicare ai Portland Trail Blazers, che pur senza aggiunte importanti al roster (non me ne vogliano Hassan Whiteside e Pau Gasol) avranno per forza di cose più attenzione del solito addosso, dopo aver ottenuto il miglior risultato ai playoff degli ultimi anni con il raggiungimento della finale della Western Conference.
Damian Lillard ha giocato la miglior stagione della propria carriera, firmando poi una maxi estensione da 196 milioni in quattro anni, una delle domande che più riguardano i Blazers è proprio se il loro leader riuscirà a compiere un ulteriore passo in avanti e guidare la squadra ancora più lontano.
I Minnesota Timberwolves partono ancora una volta nelle retrovie, ma chiusa l’esperienza lunga circa una stagione e mezza con Jimmy Butler, e i miglioramenti portati dall’arrivo di coach Saunders Jr. nel finale dello scorso anno, Minnie sembra finalmente poter guardare al futuro con un po’ di entusiasmo.
In estate è mancato l’arrivo del grande obiettivo D’Angelo Russell, ma i progressi mostrati da Towns nell’immediato post-Butler e la scelta di un giocatore funzionale al draft come Jarrett Culver sembrano porre un finalmente uno spiraglio sulla franchigia di Minneapolis.
Ultima, la squadra che per rendimento dello scorso anno si presenta forse come favorita, ossia i Denver Nuggets. Dopo il secondo posto nella Conference alle spalle dei soli Golden State Warriors, Denver ha ottime basi da cui ripartire e provare ad andare oltre la accettabile, ma per certi versi cocente, sconfitta al secondo turno dei playoff dopo un’avvincente serie contro Portland; Nikola Jokic è stabilmente tra i primi 10 giocatori al mondo, Jamal Murray ha un anno in più di esperienza, Michael Porter Jr esordirà (probabilmente) provando a portare subito qualcosa: andrà meglio del 2019?
Oklahoma City Thunder
La narrativa di OKC ha preso una svolta decisiva durante l’estate, quando prima Paul George e poi Russell Westbrook hanno chiesto di lasciare la squadra per andare a giocare in una contender.
Al posto delle due stelle sono arrivati Danilo Gallinari e Shai Gilgeous-Alexandre dai Los Angeles Clippers e Chris Paul dagli Houston Rockets, oltre a una valanga di prime scelte future e vari draft swaps nei prossimi anni.
L’estate ha quindi ridimensionato Oklahoma City, che non si presenta più come contender dopo quasi un decennio ma si appresta un processo di rebuilding che potrebbe rivelarsi moderatamente lungo. La base tecnica da cui ripartire, però, è già di ottimo livello rispetto ad altre situazioni simili presentatesi negli ultimi anni nella lega.
Steven Adams, seppur uno dei centri più monodimensionali in NBA, è ancora giovane e in grado di contribuire con difesa e rimbalzi sotto i tabelloni. Lo scorso anno il neozelandese è stato l’unico centro in NBA ad avere una percentuale di rimbalzi offensivi più alta di quella dei rimbalzi difensivi, dato portato dalla presenza ingombrante proprio di Westbrook ad accumularne: senza più RW0 a cercare prepotentemente rimbalzi difensivi, i numeri del neozelandese potrebbero impennarsi.
Il pezzo più importante arrivato dalle ristrutturazioni estive è sicuramente Shai Gilgeous-Alexander, che potrà partire in quintetto titolare e – almeno inizialmente – godere della presenza di una point guard del livello di Chris Paul da cui poter trarre ogni tipo di esperienza e lezione.
SGA ha concluso la sua prima stagione NBA con 10.8 punti, 2.8 rimbalzi e 3.3 assist, giocando nello starting five la maggior parte delle partite della regular season e anche ai playoff, dove i Clippers hanno portato a gara 6 dei Golden State Warriors al gran completo, facendogli giocare forse la serie più impegnativa dopo quella con i Toronto Raptors alle Finals.
Nonostante un talento ancora grezzo sotto certi punti di vista e una situazione inferiore allo scorso anno a livello di competizione – sia interna che esterna – SGA potrà essere in grado di avere subito un impatto sulla nuova franchigia e diventare il centro della ricostruzione di Sam Presti.
Il ritorno dall’infortunio di una stagione e mezzo fa di Andre Roberson dovrebbe garantire ancora a OKC un certo rendimento difensivo, e si continuerà a lavorare sugli sviluppi di Terrance Ferguson e Nerlens Noel, oltre a Dennis Schroeder.
Da qui in poi, prevedere le sorti della squadra diventa ostico, vista la precarietà della situazione di alcuni membri del roster.
Danilo Gallinari arriva come salary filler della trade di George, dopo quella che è probabilmente stata la miglior stagione della sua carriera in maglia Clippers; il futuro dell’ala italiana non sarà quasi certamente ai Thunder, e la soluzione più probabile vede il Gallo scambiato a una contender entro la deadline di Febbraio: i 19.8 punti, 6.1 rimbalzi e 2.6 assist dello scorso anno saranno una buona presentazione per il 31enne, che finché resterà agli ordini di Billy Donovan potrà comunque contribuire con punti ed esperienza.
Situazione simile quella che riguarda Chris Paul, che a 34 anni e con 3 ulteriori anni di contratto a più di 120 milioni è però un pezzo più difficile da piazzare; negli ultimi giorni sono circolate voci su un interessamento dei Miami Heat, che lo affiancherebbero a Jimmy Butler nel tentativo di massimizzare il presente, ma trovare l’incastro giusto risulterebbe comunque abbastanza complicato.
E’ improbable comunque che Paul venga scambiato prima della fine del 2019-inizio 2020, quando le varie pretendenti avranno una più chiara idea di quella che saranno le condizioni fisiche dell’ex Rockets e OKC sarà in grado di chiedere un prezzo adeguato.
Durante la permanenza a OKC, Paul potrà comunque essere il leader di un gruppo giovane, con tanto upside dal punto di vista difensivo e i soliti problemi di spacing portati dalla mancanza di tiratori da 3. Con il ritorno di Andre Roberson, però, i Thunder risulteranno comunque una più che efficace macchina difensiva, sopratutto sul perimetro, nonostante anche la partenza di Jerami Grant direzione Denver rappresenterà una perdita importante.
OKC non sarà in full tanking-mode, ma non lotterà per i playoff – quantomeno non da Febbraio in poi – e si concentrerà sullo sviluppo dei giovani.