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I 10 “losing efforts” più importanti nella storia della NBA

Quando segnare 50, 60, 70 punti non basta a vincere la partita: ecco le più incredibili prestazioni individuali non coincise con un successo di squadra

1. “Dio travestito da Michael Jordan”

Michael Jordan, nella stagione 1985-86, era un giocatore al secondo anno reduce da un infortunio che lo aveva tenuto fermo per quasi tutta la stagione. Nonostante ciò, ebbe la forza per tirare fuori quella che resta ancora la più grande prestazione realizzativa nella storia dei Playoffs, nonché considerata una delle più eccezionali di sempre, al di là della sconfitta.

20 aprile 1986, primo turno, Gara 2, Boston Garden: i Celtics sono di gran lunga la squadra più forte della NBA, e infatti vinceranno il titolo; i Bulls non sono ancora quei dominanti Bulls che diventeranno qualche anno più tardi, proprio grazie a MJ. Sul mitico parquet incrociato Jordan è irresistibile: 63 punti, con 22/41 al tiro e 19/21 ai liberi. Il match, però, se lo aggiudicano i Celtics 135-131 al secondo supplementare.

Ma a tenere banco è l’impresa del numero 23 in canotta rosso-nera, tanto che Larry Bird (“solo” 36 punti per lui), con il suo tipico candore, esclama a fine partita:

It’s just God disguished as Michael Jordan“, è solo Dio travestito da Michael Jordan. “Segnava da fuori – continua Larry – segnava in penetrazione al ferro, batteva chiunque mettessimo in marcatura su di lui. Era ovviamente in the zone e ha tenuto Chicago in partita canestro dopo canestro. Non siamo riusciti a fermarlo. Stiamo parlando di un talento di un altro tipo“.

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