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I 10 “losing efforts” più importanti nella storia della NBA

Quando segnare 50, 60, 70 punti non basta a vincere la partita: ecco le più incredibili prestazioni individuali non coincise con un successo di squadra

5. Stephen Curry, la solitudine dei 47 punti

NBA Finals 2019: per la prima volta ci sono i Toronto Raptors, la new entry che ha messo fine all’epoca LeBron James, nell’estate precedente  trasferitosi in riva al Pacifico ai Los Angeles Lakers e finito addirittura fuori dai Playoffs. Di fronte alla franchigia canadese ecco i Golden State Warriors, al quinto viaggio consecutivo alla serie che assegna il titolo.

Ma i Warriors sono una squadra logora: Kevin Durant è fuori per infortunio e per Gara 3 si fermano anche Klay Thompson e Kevon Looney. Su una situazione di 1-1, con un prezioso fattore campo conquistato grazie alla vittoria in Gara 2 a Toronto, appare chiaro che in Gara 3 sarà Stephen Curry l’unico faro della squadra. Proprio lui che nelle Finals non ha mai veramente brillato, tanto che il titolo di MVP della serie, in occasione dei precedenti tre titoli, è stato assegnato ad altri.

Ma ora Curry fa il Curry: segna 17 punti nel solo primo quarto, che a metà partita diventano 25. Ne esce fuori una furiosa prestazione da 47 punti (più 8 rimbalzi e 7 assist) in 43 minuti, che non impediscono però ai Raptors di riprendersi il fattore campo, espugnando nitidamente la Oracle Arena 123-109. Steph è solo contro tutti: i successivi, gravi infortuni al rientrante Durant e poi a Thompson costringeranno i Dubs ad arrendersi a Kawhi Leonard e compagni.

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