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I 10 giocatori NBA con passioni insospettabili

Da Stephen Curry a Pau Gasol fino a Paul George: ecco come sono nate alcune delle passioni più ‘strane’ dei giocatori NBA!

2. Mani da pianista, perché non da chirurgo?

 

4 ori, 4 argenti e 3 bronzi con la nazionale spagnola con la quale ha disputato circa 200 incontri, rookie of the year 2002, 4 volte All-NBA, 2 titoli NBA consecutivi tra il 2009 ed il 2010 con i Lakers, presente nella classifica dei 50 migliori marcatori della storia NBA, forse il cestista europeo più forte con Nowitzki, si parla ovviamente di Pau Gasol da Barcellona. La sua è una storia cestistica costellata di successi, i quali non si sono originati casualmente, ma derivano da una capacità di intelligenza, intuizione ed adattamento (dimostrata al suo arrivo in NBA con la maglia di Memphis, per la prima volta da leader assoluto della nazionale ai mondiali in Giappone del 2006, quando bisognava vincere da alfiere di Kobe ai Lakers o dispensare l’esperienza tipica di chi di anni ne aveva 35 tra le fila della compagine che vinse gli europei del 2015 ) che vanno oltre il talento spurio, quello dei grandi solisti che si abbonano per decisioni sbagliate sempre alla mediocrità.

Sette novembre 1992, Earvin “Magic” Johnson dichiara in mondovisione tramite annuncio pubblico di essere sieropositivo. Trauma psico-fisico che colpisce irrimediabilmente familiari, compagni, avversari, tifosi e meno addentro alla vicenda. Tutto il mondo, cestistico e non, è scioccato, i futuri compagni dell’All-star game di Orlando 1992, Karl Malone, come anche del Dream Team dello stesso anno, su tutti, prendono le distanze, prede di egoismo, forse ancor prima della paura. C’è però un ragazzo in Catalogna, all’epoca dodicenne, figlio di un infermiere e di medico internista, che ama alla follia quel ragazzo con il 32 sulle spalle che infiammava il Forum di Inglewood e decide di voler studiare medicina, in particolare in veste di ricercatore, per trovare una cura alla patologia del suo idolo.

Non completerà mai i desiderati studi, pur essendosi iscritto ed avendo frequentato l’università di medicina della sua città, una delle prime 100 al mondo, fino alla chiamata definitiva in prima squadra targata Barcellona. Pau non si è mai fossilizzato unicamente sulla pallacanestro, probabilmente questo fu il suo grande alleato, tanto è vero che al termine della carriera desidererebbe riprendere il cursus accademico. Nel frattempo si diletta con corsi sporadici organizzati dalla associazione giocatori NBA in collaborazione con atenei di lustro e visita spesso gli ospedali, non solo in qualità di aspirante dottore, ma anche in veste di ambasciatore Unicef, specialmente nei reparti pediatrici.

Il fatto di essere cresciuto fino alla soglia dei sette piedi di altezza prima dei diciannove anni lo ha forzato nella scelta di diventare giocatore professionista, da un lato per fortuna della sua nazione e dei tifosi, dall’altro sarebbe stato interessante vederlo con mascherina sterilizzata in sala operatoria.

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