C’è stato un momento in cui la NBA, già messa a durissima prova dalla pandemia, ha rischiato di dover interrompere definitivamente la stagione 2019-2020. È successo quando, in occasione di Gara 5 della serie tra Milwaukee Bucks e Orlando Magic, i primi avevano deciso di boicottare la sfida per protesta.
L’accaduto avvenne nell’immediato day after del caso Jacob Blake, il cittadino statunitense colpito dalle forze di polizia con diversi colpi di arma da fuoco. Il fatto scosse ancor di più l’opinione pubblica, già in nel pieno del movimento “Black Lives Matter”. Per protesta contro tutta questa violenza, i Bucks decisero di non presentarsi. A raccontare i retroscena dell’accaduto è stato Kyle Korver:
“Ero seduto, fermo, con le lacrime agli occhi. Guardavo la mia maglia con la scritta ‘Black Lives Matter’ e pensavo ‘Cosa stiamo facendo?’ “
“Un nostro compagno, George Hill, ha deciso di non giocare. Tutti abbiamo detto: siamo con te”
Una dimostrazione di grandissima sensibilità. Una riflessione non scontata, visti i tempi, quella che Korver ha voluto fare su sé stesso e su ciò che lo circondava:
“Per me, da uomo bianco, è interessante capire queste situazioni. Cosa posso fare come bianco? Come posso aiutare? Parteggiando per gli emarginati. Quando riesci a fare da eco alla loro voce, ascoltando le loro opinioni, le loro idee: quella è la strada giusta”
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finché gli americani si chiederanno cosa possono fare "come bianco", "come nero", "come asiatico", "Come latino", non cambieranno mai un cavolo. Si devono chiedere cosa fare "come persone".