Per ogni sportivo la fase del ritiro è un momento drammatico della propria vita. Si cerca di procrastinare sempre, di giocare ancora una stagione, ancora una partita, ma in diversi casi bisogna arrendersi all’evidenza, per evitare di finire in maniera ingloriosa. David West ne sa qualcosa.
L’ex ala grande degli Warriors, infatti, in una intervista riportata da Alex Kennedy ha raccontato di quando ha capito che era il momento di appendere le scarpe al chiodo. E, a farglielo intendere furono due giocatori: Josh Hart prima e Giannis Antetoukounmpo:
“Giocammo contro i Lakers e provai ad andare in post-up su Josh Hart un paio di volte… e non riuscivo a dominarlo. Durante la partita pensavo: “Se non riesco a spostare questo gattino, mi sa che è meglio andarsene. È tempo di ritirarmi. Poi, andammo a giocare contro Milwaukee, quindi contro Antetokounmpo. Mi son ritrovato a pensare che non ci fosse partita contro Giannis. Ancora una volta, un altro segnale che era davvero arrivato il tempo di chiudere con il basket.”
Declino ampiamente comprensibile comunque, dato che West si è ritirato all’età di 38 anni nel 2018. Longevità non trascurabile e che pochi suoi colleghi posso vantare. Specialmente nel suo ruolo.
Nonostante la carriera quasi ventennale però, West ha vinto i suoi due titoli entrambi a fine carriera, entrambi con gli Warriors, dove anche se non ha avuto un ruolo da protagonista, è stato uno dei veterani chiave per il successo della squadra. Al pari di Livingston, Barbosa, Bogut.
Prima di approdare a Golden State, West non aveva mai assaporato l’esperienza delle Finals, ma si è sempre distinto per la sua tecnica e le mani educatissime per un big men della lega. West, nella sua lunga militanza sui parquet, è stato due volte All-Star, nel 2008 e 2009, durante la sua militanza con gli Hornets di Paul. Ma è stato anche pedina fondamentale dei terribili Pacers che, guidati da Paul George, arrivarono in finale di Conference per due anni consecutivi 2013 e 2014. E che non si scrissero una pagina della storia NBA solo perché in quel momento il libro era in mano ai Miami di LeBron James. Sempre lui, ancora lui.
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