Golden State Warriors
Klay Thompson, assente da Gara 6 delle Finals del 2019, dovrà stare ai box per almeno un’altra stagione. La rottura del tendine d’Achille è un’altra mazzata per la franchigia e per il ragazzo. Ovviamente la speranza è di rivederlo in campo il più presto possibile, recuperato appieno, anche se due infortuni di quell’entità in serie potrebbero lasciare il segno. Nel frattempo, fatta questa doverosa premessa, i motivi per seguire Golden State nel corso della stagione non mancheranno.
Gli Warriors potranno contare su un ritrovato Stephen Curry – sole cinque partite disputate nel 2019-20 – e su Draymond Green. Tralasciando per un attimo l’indiscussa leadership tecnica di entrambi, i due All-Star rappresenteranno il termometro emotivo di una squadra che ha cambiato pelle in maniera chiara dopo le cavalcate alle Finals NBA non più tardi di un paio d’anni fa. Vista l’assenza di Thompson, Curry dovrà sobbarcarsi la maggior parte delle responsabilità offensive. Se il #30 avrà – come prevedibile – le chiavi dell’attacco, quelle della difesa saranno ovviamente in mano a Draymond Green. L’ex DPOY 2017 avrà il compito di tenere tutti sulla corda, infondendo la giusta carica e la giusta concentrazione a tutti i suoi compagni. In attacco agirà come al solito da play occulto, permettendo a Curry di muoversi senza palla, come autentica spina nel fianco delle difese avversarie.
Il secondo violino di questi Warriors è, per il momento, Andrew Wiggins. Il giocatore è arrivato al momento della carriera in cui deve dimostrare di valere il suo ingaggio, quasi 30 milioni a stagione. Se trovassero l’occasione giusta, non è da escludere la possibilità di vedere Wiggins altrove alla deadline. Per il momento l’ex prima scelta assoluta dovrà dare un’importante mano a Curry in termini realizzativi, provando a fare il necessario passo avanti per quanto riguarda l’efficienza e la pulizia delle scelte.
A completare il quintetto troviamo due nuovi arrivati: Kelly Oubre Jr. e James Wiseman. L’ala ex Suns ha disputato un’ottima stagione e sembra sul punto di esplodere. Dispone di un fisico a dir poco esuberante, che lo rende un giocatore completo sui due lati del campo. In attacco è ancora un po’ grezzo, con un tiro dall’arco ondivago, ma in miglioramento. Sotto la gestione Kerr, potrebbe limare definitivamente i suoi difetti cronici, giungendo alla maturazione completa, a un livello appena sotto quello All-Star. Il centro del presente e del futuro è invece James Wiseman. Il rookie, seconda scelta assoluta, dispone di un talento ancora tutto da plasmare. Steve Kerr ha voluto sviare le pressioni dal ragazzo, non assicurandogli un posto in quintetto e mettendo tutti al corrente del gran lavoro tecnico e tattico che si dovrà fare. Wiseman resta un ragazzo che avrà bisogno di tempo per mostrare tutto il suo potenziale, ma tornerà già utile in questa stagione. Per essere un centro corre molto bene coprendo il campo, oltre ad avere doti fisiche e atletiche impressionanti. Giocatore istintivo, come accade a molti giovani da indirizzare, ma con un mentore come Green e un coaching staff come quello degli Warriors migliorerà sicuramente la sua comprensione del gioco all-around. Il momento migliore del suo primo allenamento con la squadra? “Quando ho portato un blocco per Curry, che poi ha segnato una tripla”, dice Wiseman.
La continuità nella guida tecnica e dirigenziale è un punto a favore di questi Warriors. Steve Kerr e Bob Myers, con i rispettivi staff, hanno reso questa franchigia vincente, tracciando un solco nel modo di intendere la pallacanestro moderna. Una filosofia che altre franchigie, a ben vedere, stanno cercando di far propria. In un ambiente simile, molti dei giocatori presenti a roster possono rendere al meglio.
Se il quintetto base è di indubbia qualità, il resto del roster lascia un po’ a desiderare. Kent Bazemore, di ritorno nella Baia, è stato ingaggiato dopo l’infortunio di Thompson ed è l’unico role player con un bagaglio d’esperienza considerevole sulle spalle insieme a Wanamaker e Looney. I vari Paschall, Lee, Chriss, Poole dovranno ancora crescere e la stagione di transizione, su presupposti comunque migliori rispetto alla precedente è l’occasione giusta per migliorare il proprio feel for the game a tutti i livelli. Discorso analogo vale per il nostro Nico Mannion, che dovrà prima di tutto lottare per avere minuti in NBA, mettendosi in mostra già dalla preseason in corso di svolgimento.
Nonostante le molte incognite e le numerose pretendenti, la sola presenza di un ritrovato Curry è sufficiente per immaginare una Golden State quantomeno da corsa per un posto nelle otto dei Playoff a Ovest. Mina vagante.