Reggie Miller, ex giocatore degli Indiana Pacers ed Hall-of-famer NBA, intervenuto nel corso del Dan Patrick Show, ha risposto in modo piuttosto autorevole ad una domanda pertinente la politica intrapresa da un paio di anni dagli addetti ai lavori NBA volta a ridurre il dispendio fisico dei giocatori e, di conseguenza, il numero di infortuni che potrebbero colpire gli stessi.
Di seguito, le parole di Miller, avido sostenitore degli aspetti martirizzanti della NBA del secolo scorso:
”Essendo cresciuto in una famiglia dai forti principi militari, mi sentivo in colpa quando non potevo giocare nemmeno un minuto per ordine dello staff medico, nonostante volessi dare il mio contributo anche al 75% della forma. Seduto in panchina o, peggio, in tribuna, provavo vergogna per non essere in grado di aiutare i miei compagni. Non essendo proprio della mia mentalità qualsiasi pensiero rivolto al riposo, non avrei mai chiesto alla Associazione Giocatori di discutere una riduzione del numero di partite né, tantomeno, avrei concordato con l’allenatore alcune parentesi di “sosta”. Capisco che la scorsa stagione abbia avuto ritmi probanti ed abbia comportato anche parecchi problemi fisici, ma non riesco a non pensare all’incentivo offerto dal poter fare la differenza ogni sera davanti a migliaia di persone, praticando lo sport che si ama .”
Continua Miller:
”Giocare a pallacanestro con queste retribuzioni è un privilegio autentico, che non lascia particolari occasioni alle lamentele. Se fossi un giocatore in attività oggi, non starei un singolo giorno lontano dalla palestra, perché mi mancherebbe ossessivamente come l’aria. Senza scadere nel consueto discorso relativo alla fiacchezza di alcune delle attuali circostanze NBA, il campionato ha oggettivamente subito un rammollimento”.
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