Utah Jazz
Gli Utah Jazz si presentano ai nastri di partenza della nuova stagione sicuri di una cosa: sono stati la squadra con il record migliore (50-32) della passata regular season ad Ovest.
Dopo aver vinto contro i Memphis Grizzlies al primo turno, ed essere andati in vantaggio di due partite nella seconda serie contro i Los Angeles Clippers, Utah si è poi improvvisamente spenta, nonostante l’infortunio occorso a Kawhi Leonard tra le fila avversarie. Dunque, i Jazz hanno una grande pressione addosso: devono dimostrare che quello dell’anno scorso non è stato un fuoco di paglia e che possono davvero contendere per il titolo NBA, o quantomeno provarci.
I Jazz sono entrati in offseason forti di un meccanismo di gioco semplice quanto efficace: far circolare la palla per tirare da tre punti. Per la franchigia vale il motto “You live by the three, you die by the three”, ovvero la squadra fa talmente tanto affidamento sul tiro dalla distanza che la serata giusta può portarli nell’Olimpo del basket, quanto una serata giusta farli affondare nell’oblio.
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In questo senso, il front office sembra voler proseguire su questa filosofia, come dimostrato dai movimenti effettuati in offseason, aggiungendo però anche meno prevedibilità al roster, cercando elementi che sappiano tirare anche dalla media distanza. Innanzitutto, Mike Conley, che l’anno scorso ha tirato con oltre il 41% da tre punti, ha messo la sua firma su un rinnovo da 72.5 milioni di dollari in tre anni, fresco della sua prima convocazione all’All-Star Game. In seguito alla coorte di coach Sneyder è arrivato Rudy Gay, giocatore che sa costruirsi un tiro in ogni zona del campo, portando nello Utah anche esperienza da veterano.
Infine, ai Jazz è arrivato anche Eric Paschall dai Golden State Warriors, per allungare le rotazioni tra i lunghi. Tra i centri è arrivato anche Hassan Whiteside, che andrà a sostituire Rudy Gobert nei momenti di riposo per quest’ultimo. La presa di Whiteside è in realtà di fondamentale importanza per coach Snyder: Gobert, tre volte difensore dell’anno, proprio per via della sua intensità difensiva si trova spesso in emergenza per l’eccessivo numero di falli. Non avere Gobert nei minuti fondamentali di una partita per troppi falli è un lusso che i Jazz non potranno permettersi: la presenza di Whiteside servirà proprio ad evitare questo tipo di problematiche.
Infine, chiudiamo con Donovan Mitchell. La guardia viene dalla sua annata migliore in NBA, con 26.4 punti, 5.2 assist e 4.4 rimbalzi a serata, con un ottimo 38.6% da dietro l’arco dei tre punti. Nella postseason ha mostrato di saper alzare il suo livello a uno step dove pochi possono arrivare, segnando 32.3 punti di media in 10 partite, segnando cinque triple di media a serata con un letale 43.5% di realizzazione. Tutto questo, nonostante il recupero dall’infortunio alla caviglia occorso sul finire di regular season.
Solamente all’inizio del suo quinto anno tra i professionisti, Mitchell sta dunque diventando uno dei migliori giocatori della lega: ciò che più conta è che sa prendere per mano i suoi compagni di squadra nei momenti chiave.
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Al Draft 2017 i Jazz hanno scovato un vero gioiellino in Donovan Mitchell, e l’accoppiata con Rudy Gobert ha mostrato di saper funzionare alla perfezione. Ottima anche l’aggiunta di Mike Conley negli ultimi anni, e di tutti quei giocatori che hanno mostrato di essere un ottimo supporting cast.
La domanda è: sapranno confermarsi sui livelli dello scorso anno, e questa volta avanzare ai Playoff? Rispondere con certezza alla seconda parte della domanda è molto difficile: sicuramente, Utah è in rotta di lancio per un’altra stagione da 50 vittorie e da Top-3 a Ovest.