San Antonio Spurs
Come già detto, lontani sono i tempi in cui ogni franchigia della Southwest Division sembrava poter attentare alla vetta della Western Conference. I San Antonio Spurs hanno riscritto la storia recente dell’NBA, grazie alle Twin Tower Duncan-Robinson prima e ai Big Three Duncan-Parker-Ginobili poi. Cinque titoli in poco più di vent’anni per gli Spurs. Una dinastia che sembrava non dover finire mai, ma quel giorno è arrivato.
Dopo 22 anni di post season, San Antonio ha mancato per la prima volta la qualificazione ai Playoff nella stagione 2019-20 nella bolla di Orlando. Delusione seguita poi dal decimo posto nell’annata da poco conclusa. Un cambio di ambizioni dovuto anche da un cambio al roster: recentissimi infatti gli addii di LaMarcus Aldridge e DeMar DeRozan, le ultime stelle texane che ora punteranno al titolo NBA rispettivamente in forza ai Brooklyn Nets ed ai Chicago Bulls. Fuori anche Rudy Gay e soprattutto Patty Mills, lui che vestiva la maglia grigionera dal 2012. Addio Spurs, benvenuti Spurs.
Sì, perchè nonostante tutti i saluti al roster di Gregg Popovich – unico comun denominatore in tutte queste righe – il talento degli Spurs è rimasto promettente. Pop entra nella sua 26° stagione come head coach dei San Antonio Spurs con la prerogativa di sviluppare il potenziale dei suoi giovani giocatori senza però voler rinunciare ad un posto ai Playoff. Dejounte Murray, Lonnie Walker e Derrick White restano le fondamenta sul quale continuare a costruire, e l’arrivo di Zach Collins in questi termini è funzionale al progetto.
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Molto meno quello di Doug McDermott: se per Collins si può parlare di una scommessa high risk, high reward – il 23enne non gioca da più di un anno e il suo rientro è previsto circa per Natale, nel secondo caso invece l’investimento pare davvero sconsiderato. Il tiratore arriva si dalla sua miglior stagione NBA, ma i quasi 14 milioni di dollari per i prossimi tre anni stonano con le mediocri ambizioni dei suoi Spurs. Ottima firma per il suo agente, meno per la squadra texana.
Ecco in scena tutta la duttilità difensiva di Dejounte Murray, abilissimo difensore sia sulla palla che in aiuto: nella prima occasione scippa letteralmente il pallone all’avversario riuscendo a disinnescare un hand-off mentre in marcatura su Doncic dimostra a tutti il suo grande fiuto per le rubate (14° in tutta la lega in questa categoria l’anno scorso)
Per concludere, non dimentichiamo l’esperienza di veterani come Thaddeus Young e Al-Farouq Aminu, che potrebbero dare quella spinta in più in una Western Conference che ha perso alcune delle sue più solide certezze. Difficile vedere gli Spurs entrare ai Playoff dalla porta principale, ma un posto al torneo Play-in è assolutamente in proiezione.