(12-11) Los Angeles Lakers 117-92 Sacramento Kings (8-14)
Troppo fresco nella memoria dei Lakers il ricordo della maratona in triplo supplementare di cinque giorni fa per pensare di replicare un finale altrettanto tirato sempre contro i Kings. Assente per la partita LeBron James, entrato nel protocollo Covid NBA. In partenza lo svolgimento della gara non permette grossi guizzi ad L.A., mai in vantaggio in un primo quarto chiuso sul -8 (28-20). Soltanto il buzzer-beater di Malik Monk scongiura per i Lakers un primo tempo chiuso con un divario superiore alle dieci lunghezze (50-59). Per Monk saranno 22 i punti in uscita dalla panchina, con sei triple a segno.
Nel terzo quarto la situazione precipita fino al -14 dopo 2′ di gioco, ma dal 52-66 Kings i gialloviola piazzano un 35-8 che fa saltare il banco consegnando loro un vantaggio di 13 punti da custodire e se possibile ampliare negli ultimi 12′ di gioco. Missione compiuta: Los Angeles chiude con il 50% di squadra al tiro e il 39% abbondante da oltre l’arco. aggiornando il distacco fino al +27 prima del 117-92 a referto.
25 punti, sette rimbalzi e tre assist per Anthony Davis, 23 punti, cinque rimbalzi e sei assist per Russell Westbrook (9-21 al tiro). Dall’altra parte 27 punti e nove rimbalzi per Richaun Holmes e 17 punti, cinque assist e altrettanti rimbalzi per De’Aaron Fox.
(18-3) Golden State Warriors 96-104 Phoenix Suns (18-3)
Nel prepartita in onda su TNT, dal punto di vista dei Suns, Charles Barkley parla di fastidio nei confronti della banda di Kerr, che ha catalizzato in queste settimane l’attenzione mediatica grazie alla seconda miglior partenza della sua storia. (18-2). Sul campo il sentimento accennato si traduce in ambizione. Di fronte ci sono infatti le due squadre più calde della lega: i campioni in carica della Western Conference, a 16 vittorie consecutive (scarto medio 11.6 punti); dall’altro i più seri pretendenti a quel trono. Devin Booker, nominato miglior giocatore della scorsa settimana a Ovest, si accende in uno-contro-uno diretto con Curry. Il #30 risponderà un minuto più tardi con il primo e unico canestro da tre del suo 1° quarto.
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Fioccano punti invece dalle mani di Jordan Poole, che confeziona un primo quarto decisamente on fire (16 punti, 4-5 da tre). La sua vena realizzativa propizia un 11-0 di parziale in grado di portare Golden State a un possesso di margine sugli avversari: 25-22. Come ipotizzabile Phoenix cerca fin da subito di mettere a frutto il vantaggio di stazza sotto i tabelloni e coinvolge la sua batteria di lunghi già dalle prime battute: 17 dei 35 punti con cui Phoenix archivia la prima frazione arrivano dalla coppia Ayton-McGee. 31-35 dopo 12′. Il secondo quarto continua a ritmo elevato, un pace da cui scaturiscono però anche 15 palle perse in combinato. Phoenix perde Booker per tutto il secondo tempo a causa di un problema al ginocchio sinistro ma in compenso trova un Chris Paul salito progressivamente di colpi.
Da segnalare due stoppate ai danni di Steph Curry ad opera di DeAndre Ayton e Mikal Bridges .
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Si va al riposo con i Suns a +2 (54-56). Con 5′ da giocare nel terzo quarto Phoenix sale a + 9 (61-70), ma ancora una volta punti in rapida successione siglati da Jordan Poole contengono la fuga. Da qui in poi nessuna delle due squadre riesce ad accumulare più di cinque lunghezze di margine sugli avversari fino a 4′ dalla sirena definitiva, quando la tripla di Crowder garantisce ai suoi il +6 (91-97).
Il 12° bersaglio di squadra da oltre l’arco centrato da Landry Shamet, permette a Phoenix di assaporare la 17ª vittoria in fila – record di franchigia risalente al 2006-2007 pareggiato e l’aggancio in vetta alla Conference. Il calendario le ripropone contro altre due volte prima della fine dell’anno solare: notte italiana tra venerdì e sabato a San Francisco e Christmas Day NBA 2021 di nuovo sulla baia.
Cinque giocatori in doppia cifra per Phoenix: spiccano i 24 punti e 11 rimbalzi di Ayton, 15 punti, 11 assist e cinque recuperi per Chris Paul. 10 punti nei 15′ in campo per Devin Booker. Serata complicata per Steph Curry lato Warriors (12 punti, 4-21 al tiro). Risposte convincenti da Jordan Poole, top scorer a 28 punti con sei triple a segno e Otto Porter Jr. (16 in uscita dalla panchina, 4-8 da tre).