Mentre a Dallas si festeggia il ricordo alla più grande icona della franchigia, a San Francisco gli Splash Brothers tornano finalmente a condividere lo stesso parquet. Cerchiamo di mettere ordine. Corner Three, tre momenti top e altrettanti flop dagli ultimi sette giorni.
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Bentornato, Klay!
Più di due anni e mezzo, 31 mesi e 941 giorni. E’ questo il tempo trascorso tra l’ultima partita NBA di Klay Thompson e il suo debutto stagionale andato in scena nella notte di domenica. Un’attesa estenuante, soprattutto per i tifosi di Golden State Warriors. Il #11 ha recuperato appieno da un duplice infortunio in serie: legamento crociato del ginocchio prima, tendine d’Achille poi.
Eppure nulla sembra davvero cambiato: la sua prestazione mette le cose subito in chiaro: 17 punti in meno di 20 minuti con 3 triple a referto. Un’atmosfera elettrica ha accompagnato ogni suo palleggio, ogni suo tiro, come se sul parquet ci fosse stato – con lui – l’intero Chase Center.
Dopo tutto questo tempo, Klay è ripartito esattamente da dove si era fermato. E il mondo NBA lo riabbraccia ben felice.
Poche se non pochissime cose si possono salvare dalla stagione dei Trail Blazers. Damian Lillard è sembrato a lunghi tratti il ricordo dell’All-Star che ha portato Portland alle Finali di Conference nel 2019, complici anche diversi infortuni. Discorso simile per il suo partner in crime CJ McCollum, che sta ancora recuperando da un problema ai polmoni. Il resto del roster sembra mal assemblato e l’impietoso 10° posto ad Ovest (16-24) è lo specchio di un’annata che in Oregon vorrebbero terminasse il prima possibile.
Ma una cosa per cui sorridere c’è. Al quarto anno da professionista, Afernee Simons sembra finalmente aver trovato il suo posto nella lega dopo aver concluso una settimana davvero super: 29.0 punti e 6.8 assist di media nelle quattro partite disputate, sublimate dall’incredibile prestazione di lunedì notte contro Atlanta. I suoi 43 punti (9-16 da tre) abbattono le resistenze degli Hawks e il cinquantello messo a referto da Trae Young, che nulla può contro un Simons davvero ispirato.
A sostenerlo in questo exploit davvero inaspettato è stato il ricordo del nonno, andatosene proprio la vigilia della sfida contro Atlanta e suo più grande sostenitore. L’intervista al termine della gara va di diritto sul podio nella compilation stagionale.
La notte dell’Epifania è stata per Dallas colma di emozioni e ricordi. All’American Airlines Center è infatti arrivato il momento della celebrazione ‘definitiva’ di Dirk Nowitzki, il più grande giocatore della storia della franchigia, di cui è stato ritirato l’iconico n°41.
Una celebrazione per cui il tedesco ha ringraziato, con affetto, tutti gli elementi fondamentali per la sua incredibile carriera, riconoscendo in Dallas il posto migliore per la sua maturazione, dall’Europa fino vertici NBA. Una grande festa Mavericks, a cui hanno partecipato alcuni grandi protagonisti della storica cavalcata che nella stagione 2010/11 è terminata con il titolo NBA, il primo per la franchigia texana. Un evento unico nel suo genere, per omaggiare un giocatore altrettanto speciale. Danke Dirk!
Flop
Danny Green, From Zero to Hero
24 minuti per non fare (quasi) nulla. Metà partita NBA in cui non sei riuscito a mettere la tua firma in nessuna giocata. Sembra impossibile, eppure è esattamente quello che è successo a Danny Green, guardia dei Sixers, nel match di mercoledì notte contro gli Orlando Magic. Una serie di impietosi zero tondi tondi nelle caselle dei punti, rimbalzi, assist, rubate e stoppate che gli sono valse per qualche ora l’ingresso in un’élite davvero poco invidiabile. A posteriori, la NBA ha attribuito però a Green una palla rubata, ‘macchiando’ il capolavoro al contrario. Resta il tentativo lodevole ma siamo sicuri Green sia sollevato dalla revisione effettuata. Ad ogni modo, sarebbe stato in buona compagnia.
ALL-NBA CARDIO TEAM
(Most minutes by a player with a 0/0/0/0/0/0 game since 1985)
Tony Snell (28 minutes) Danny Green (24 minutes) Glen Rice (24 minutes) Andre Roberson (22 minutes) Hollis Thompson (25 minutes) pic.twitter.com/1oJy0qX5n7
In mancanza di un centro di ruolo nel quintetto dei Los Angeles Lakers, è toccato proprio a LeBron James occupare il centro del campo per provare ad aggiudicarsi il jumpball di inizio partita. A dir la verità, provare non è forse la parola giusta.
Simpatico siparietto quello andato in scena tra il rookie dei Bulls e Bradley Beal, stella degli Wizards. Durante un possesso offensivo tra Chicago e Washington appunto, alla giovane guardia è stata fischiata un’infrazione di passi mentre partiva verso il canestro. Un errore che, secondo quando riportato dallo stesso Dosumnu a fine match, Bradley Beal avrebbe cercato di correggergli con qualche consiglio.
Ora, che non si dica che i giovani oggi non ascoltano più: qualche minuto dopo, in una giocata identica a quella che aveva causato la palla persa, Dosumnu ha letteralmente messo in pratica i consigli ricevuti ai danni dello stesso Beal, suo marcatore in quella circostanza. Risultato? Una partenza fulminea dalla linea laterale del campo ed un pull-up jumper che ha mosso solo la retina. Nonostante la beffa, Bradley Beal ottimo maestro.