Russell Westbrook, dopo aver evidenziato nelle scorse settimane tramite il proprio profilo Twitter di esser stato malauguratamente il destinatario di numerose minacce di morte, ha accantonato signorilmente il discorso cestistico per appellarsi alla sanità mentale ed all’onesta intellettuale delle persone. Le critiche tecniche a suo carico appaiono lecite e persino doverose, considerando il talento e la carriera del prodotto di UCLA, ma sfociare addirittura nelle intimidazioni violente e nella storpiatura gratuita non ha alcun diritto di cittadinanza a priori.
Di seguito, le parole di Westbrook, rilasciate alla redazione di Spectrum SportsNet al termine della sconfitta rimediata la notte scorsa dai suoi Lakers contro i San Antonio Spurs:
“Stiamo pur sempre parlando di uno sport, di un gioco che ha la capacità di appassionare, emozionare ed intrattenere con la sua unicità. Perché accantonare tutto questo e dar sfogo alla cattiveria? Mia moglie, la mia famiglia ed io abbiamo ricevuto minacce di ogni genere nell’ultimo periodo, al punto tale da vergognarci di vivere in una società del genere. La pallacanestro si presta alle critiche, così come il mio attuale momento professionale. Scagliatevi contro quello, non contro i miei affetti. Le minacce che abbiamo ricevuto sono spregevoli e codarde, frutto del pensiero frustrato di molti. Chiedo che questo scempio abbia fine all’istante”.
NON SOLO MINACCE, ANCHE IMPIETOSE STORPIATURE DEL COGNOME
Continua Westbrook:
“Mio figlio è fiero di andare a scuola e di poter scrivere ovunque il cognome “Westbrook”, ripetendolo in continuazione con orgoglio. Pensando alla mia famiglia ed alla mia discendenza, non posso sopportare che qualcuno si diverta a creare dei giochi di parole poco nobili per storpiare le mie generalità. “Westbrick” perché non tiro con efficacia? Le mie percentuali sono oggettivamente vergognose, ma questo non autorizza nessuno ad utilizzare una tale forma di mancanza di rispetto, capace di demolire non tanto il sottoscritto, quanto tutti i miei parenti legati istituzionalmente a quel cognome. Non ho fatto del male a nessuno e sono certo di non meritare tutto ciò”.
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