Eterno, Bill Russell
Il 31 luglio 2022 è un giorno da ricordare con tanta tristezza per ogni amante della palla a spicchi. Ci ha lasciati il giocatore più vincente della storia di questo sport. Ci ha lasciati Bill Russell. Con lui se n’è andata una parte di pallacanestro e un pezzo di cuore di chiunque abbia mai visto alzarsi una palla a due.
Già, perché ogni volta che vediamo qualcuno librarsi in aria per cercare una stoppata lo dobbiamo a Bill Russell, colui che ha cambiato per sempre l’arte della difesa nello sport che amiamo di più. Colui che ha “inventato” la stoppata. Colui che per primo ha guardato il cielo e ha pensato di poterlo toccare con un dito e, già che c’era, bloccare qualche tiro avversario.
“Il basket è l’unico sport che tende al cielo. Per questo è una rivoluzione per chi è abituato a guardare sempre a terra.”
Per capire di più di William Felton Russell, per gli amici Bill, bisogna scindere il giocatore dall’uomo. Perché se il Bill giocatore ha vinto tanto (11 anelli in 13 anni di carriera), il Bill Russell uomo di tutti i giorni ha vinto ancora di più, ha vinto i pregiudizi verso l’America nera degli anni 50’-60’.
Bill Russell giocatore
Dici Bill Russell e pensi ai Boston Celtics.
E non può essere altrimenti. Bill, in carriera, ha giocato solo con la maglia biancoverde addosso e l’ha vestita per 13 stagioni, vincendo 11 titoli. Ma nonostante abbia vinto tutto e abbia giocato così tanto a Boston – città ancora fortemente razzista in quegli anni – l’amore con la capitale del Massachusetts non è mai decollato, per sua stessa ammissione.
“Giocavo per la società e per i miei compagni di squadra. Non giocavo per la città o per i tifosi.”
Ma prima di arrivare alla sera del 30 aprile 1956, la notte del Draft NBA, bisogna tornare indietro nel tempo fino al 12 febbraio 1934, giorno di nascita della leggenda dei Celtics. Bill Russell nacque a Monroe, Louisiana e di sicuro non deve esser stato facile per la famiglia Russell vivere nel profondo Sud degli anni 30’-40’ del ‘900. Una zona degli Stati Uniti d’America profondamente razzista. Ed è proprio a causa di ripetuti episodi razziali che papà Charlie è costretto a prendere la sua famiglia e partire in direzione di Oakland, California. A “The Town” Bill si avvicina al basket, grazie al fratello Charlie Jr.Inizia a giocare alla McClymonds High School, una scuola fortemente radicata nella cultura dello sport.
Rifacciamo quindi un salto in avanti e torniamo alla notte del Draft 1956.
Fu qui che la vita di Bill Russell cambiò per sempre, cambiò grazie ad un certo Red Auerbach (che avrebbe bisogno di una storia a sé), che lo volle a tutti i costi. Il leggendario coach della “Dinastia” dei Boston Celtics si mosse perfettamente, intuendo che i Rochester Royals detentori della prima scelta assoluta non avrebbero puntato su di lui. Propose ai St.Louis Hawks, che possedevano la seconda scelta, uno scambio irrifiutabile: Ed Macauley e Cliff Hagan in partenza da Boston in direzione Saint Louis e Bill Russell che compì il percorso inverso.
Comincia così la storia di una delle squadre più forti della NBA e di tutti gli sport a stelle e strisce. Bill Russell e i Boston Celtics. Porteranno a casa 11 titoli in 13 anni, di cui otto consecutivi, segnando per sempre la storia della pallacanestro e degli sport americani in generale. Il primo anello arriva subito, nella prima stagione, proprio contro i St.Louis Hawks in gara 7. Hawks che si vendicheranno l’anno successivo, vincendo in sei gare. Da quell’anno i Boston Celtics non si fermeranno più e fino al 1966 saranno gli unici ad alzare l’allora Walter Brown Trophy.
Dalla stagione 1966-1967 Red Auerbach passa il testimone alla guida dei Boston Celtics proprio a Bill Russell. L’ex centro vincerà altri due titoli nel ruolo di allenatore-giocatore, diventando così il primo afroamericano a guidare una squadra professionistica americana.
Bill Russell uomo
Dal punto di vista umano Bill Russell è stato uno dei primi paladini dei diritti civili degli afroamericani. Sin dal suo approdo sui parquet NBA Russell si è impegnato per far valere la parola di chi come lui aveva una sola “colpa”: quella di avere una pelle diversa. Come ad esempio nel 1961 – prima di un amichevole in Kentucky – quando due suoi compagni, Sam Jones e Tom Sanders, non vennero serviti all’interno di un ristorante. Russell non ci pensò due volte, prese i suoi bagagli e tornò assieme a loro, con il primo aereo disponibile, a Boston.
Oppure nella giornata del 28 agosto 1963, in cui davanti all’obelisco di Washington D.C. un pastore protestante stava proferendo alle migliaia di credenti accorsi in massa il suo più celebre discorso. Il discorso si chiamava “I have a dream” e il pastore era Martin Luther King che, vedendo Russell in mezzo alla folla, lo invitò a salire sul palco insieme a lui. Proprio a causa dell’assassinio del premio Nobel per la pace, avvenuto il 4 aprile 1968 in un motel di Memphis, Bill Russell insieme all’amico ed eterno rivale Wilt Chamberlain rischiò di far rinviare gara 1 delle Division Finals tra Celtics e 76ers, che li vedevano uno contro l’altro.
Bill Russell organizzò anche insieme al running back dei Cleveland Browns Jim Brown e a Lew Alcindor (che non aveva ancora cambiato il nome in Kareem Abdul Jabbar) – il summit di Cleveland nel 1967. Un incontro a supporto di Muhammad Ali, che si era appena visto togliere la cintura di campione del mondo di pesi massimi perché reo di aver rinunciato a partecipare alla guerra in Vietnam.
Grazie alle sue tante attività extra cestistiche in favore dei diritti civili degli afroamericani, nel 2011 Barack Obama l’ha premiato con la medaglia della libertà, massima onorificenza per un civile.
Bill Russell è stato un grande uomo sia fuori che all’interno del campo. Come testimoniato dall’omaggio riservatogli dopo la scomparsa dalla National Basketball Association. Un omaggio riservato solamente a lui nella storia di questa lega. Da questa stagione nessun giocatore, ad eccezione di chi la indossava già, potrà portare sulle spalle il numero che è stato di Bill Russell per tutta la carriera. Il numero 6.
I saluti delle stelle NBA e non solo…
Anche la NBA ha voluto salutare una delle più grandi leggende di questo sport tramite il comunicato del Commissioner Adam Silver:
“È stato il più grande campione nella storia dello sport di squadra. Gli innumerevoli risultati che si è guadagnato nella sua carriera con i Boston Celtics – tra cui il record di 11 titoli e 5 premi di MVP – raccontano solo minimamente la storia dell’immenso impatto di Bill sulla nostra lega e sulla società in senso più ampio. Bill Russell rappresentava qualcosa di più grande dello sport: i valori di uguaglianza, rispetto e inclusione che ha stampato nel DNA della nostra lega. Al picco della sua carriera, Bill si è fatto sentire vigorosamente per i diritti civili e la giustizia sociale, un’eredità che ha passato alle generazioni di giocatori NBA che lo hanno seguito. Attraverso lo scherno, le minacce e le incredibili avversità, Bill si è elevato sopra tutto, rimanendo fedele al suo pensiero che chiunque meriti di essere trattato con dignità. Ho apprezzato la mia amicizia con Bill: lo chiamavo il nostro Babe Ruth, per il modo in cui aveva trasceso il tempo. Bill era il vincente definitivo e un compagno di squadra eccellente: la sua influenza si percepirà sulla NBA per sempre.”
I Boston Celtics hanno offerto il loro tributo a Russell tramite le parole dell’attuale numero 7 dei biancoverdi, Jaylen Brown, suo grande estimatore:
“Bill Russell era un grande uomo per chi rappresentava. Durante il picco della tensione razziale nella nostra società, rappresentava il tipo di nobiltà e onore che trascendeva lo sport. La quantità di rispetto che riceve dal suo popolo vivrà per sempre. e sono grato di aver potuto stringerli la mano.”
Anche tante leggende NBA hanno voluto salutare l’eterno numero 6. A cominciare da Michael Jordan:
“Bill Russell è stato un pioniere. Da giocatore, da campione, da primo allenatore nero e da attivista. Ha spianato la strada e dato l’esempio per ogni giocatore di colore che è arrivato nella lega dopo di lui, me compreso. Il mondo ha perso una leggenda. Le mie condoglianze alla sua famiglia e che riposi in pace.”
Kareem Abdul-Jabbar ha voluto salutare l’amico con le seguenti parole:
“Bill Russell era l’essenza del grande uomo… Non per le dimensioni, ma per le dimensioni del suo cuore. Nel basket ci ha mostrato come si gioca con grazia e passione. Nella vita, ci ha mostrato come vivere con gioia e compassione. Era mio amico. Il mio mentore. Il mio modello Riposa in pace amico mio. Le mie più sentite condoglianze alla sua famiglia.”
La leggenda dei San Antonio Spurs David Robinson:
“Bill Russell era l’ambasciatore più potente della NBA. L’ho sempre tenuto in grande considerazione e ho cercato di costruire la mia carriera sulle basi che ha gettato con la sua generazione di giocatori. Grazie, Bill, per averci aperto la strada e averci dato un livello di essere umano così alto da raggiungere.”
Quindi, Charles Barkley:
“La morte di Bill Russell non è solo una grave mancanza per la NBA, ma è una perdita per il mondo. Quando le tue azioni corrispondono alle tue parole su questioni importanti, sei un grande uomo, non solo un grande giocatore di basket. Parliamo spesso e volentieri della parola “eroe”, ma oggi è l’occasione perfetta per usarla. Riposa in pace.”
Persino il primo Presidente afroamericano nella storia degli Stati Uniti d’America, Barack Obama, ha voluto omaggiare “Il Signore degli Anelli”:
“Oggi abbiamo perso un gigante. Per quanto grande sia Bill Russell, la sua eredità arriva molto più in alto, sia come giocatore che come persona. Forse più di chiunque altro, Bill sapeva cosa ci voleva per vincere e cosa ci voleva per essere un leader. In campo è stato il più grande campione nella storia del basket. Fuori dal campo, è stato un pioniere dei diritti civili, marciando con il dottor King e stando al fianco di Muhammad Ali. Per decenni Bill ha subito insulti e atti vandalici, ma questo non gli ha mai impedito di difendere ciò che era giusto. Ho imparato tanto dal suo modo di giocare, dal suo modo di allenare e dal suo modo di vivere la sua vita. Michelle ed io mandiamo il nostro affetto alla famiglia di Bill e a tutti coloro che lo ammiravano.”