Paul George è uno dei giocatori NBA più amati e apprezzati dai tifosi: un atleta che per anni ha dato spettacolo, sfortunatamente colpito da molti gravi infortuni che ne hanno condizionato la carriera. Nel suo podcast il giocatore dei Clippers ha ripercorso vari momenti salienti della sua carriera, dall’infortunio nel 2014 al suo mancato approdo a Cleveland.
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Paul George: “Ero vicino a giocare con LeBron a Cleveland”
La puntata di ieri del Podcast P with Paul George è stata l’occasione per il giocatore dei Clippers di raccontarsi, rivivendo anche i momenti più bui della sua carriera. Uno su tutti fu l’infortunio shock nel 2014, dove trovò il supporto necessario per andare avanti da Kobe Bryant:
“Quello fu l’infortunio più grave di tutti, perché arrivava in un momento d’oro per me e non è semplice recuperare da un problema del genere. È stato davvero difficile, c’erano dei momenti in cui volevo mollare tutto, ma fortunatamente intorno a me c’erano persone che mi sostenevano: una su tutte fu Kobe, mi chiamo subito dopo l’infortunio.
Ricordo che disse: ‘Attacca la riabilitazione, vivila come se ti stessi allenando sul campo o in palestra’ e ogni giorno stavo lì a dare il massimo. Un consiglio che seguo ancora oggi”
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Altro passaggio interessante del suo intervento è stato il suo addio a Indiana, dove c’erano molte squadre pronte a voler intavolare una trade per averlo. Tra queste c’erano anche i Cleveland Cavaliers di LeBron James, molto vicini a concretizzare la trade. Tuttavia il trasferimento saltò, come spiega Paul George:
“Ero molto vicino ad andare a giocare a Cleveland con LeBron: Dante Jones, il nostro intermediario, disse che la conclusione dell’affare era davvero vicina: Indiana e Cleveland sono nella stessa Division, c’è una certa rivalità e sapevo che alla gente non sarebbe piaciuto. Dissi al GM che volevo andare a OKC, ne rimase molto sorpreso ma alla fine mi accontentò: vedevo del potenziale e volevo giocare lì”
Paul George ora è alle prese con un altro problema al ginocchio, la sua riabilitazione procede ma non sa quando tornerà in campo. Spera nei Playoff e, nel frattempo, parla del premio MVP:
“Il premio MVP è un modo per stimolare i giocatori a dare il massimo ogni notte: giocare 82 partite non è semplice, il fisico ne risente e anche la mente, non puoi essere sempre al top ma con questo riconoscimento ci provi. Vedo molto bene Tatum, Embiid e Jokic, tutti giocatori incredibili e che mi piacciono molto”
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