Dall’introduzione a regime del torneo Play-in nello schema della stagione NBA (2020-2021), i Lakers sono sempre rimasti invischiati nella lotta per la postseason tramite gli spareggi. Vista la mancata qualificazione due anni fa, l’approdo alle Western Conference Finals da cui si riparte rappresenta probabilmente un traguardo oltre ogni aspettativa. Quanto ad aspettative, basta sentire Darvin Ham per capire che l’asticella del gruppo gialloviola è piuttosto in alto:
“Sono arrivato qui per questo, non si scappa. […] Abbiamo ristabilito il gene competitivo che ha contraddistinto a lungo quest’organizzazione ai massimi livelli.”
Un’offseason solida, stimolata forse dalle riflessioni amare e sibilline di LeBron James circa un possibile ritiro dopo la sconfitta senza appello contro Denver. A proposito di ex Nuggets, la ricognizione dell’estate Lakers parte dalla team option non esercitata sul contratto di Malik Beasley (16.5 milioni di dollari). La squadra mantiene intatta la propria ossatura: D’Angelo Russell, chiamato a riscattare i Playoff chiusi in calando, è forte di un biennale da oltre 37 milioni di dollari potenziali, ma con Player option dopo la prima stagione.
Confermati anche Austin Reaves – protagonista nella pur non sfavillante spedizione di Team USA in Asia– , Jared Vanderbilt e il giapponese Hachimura; al contrario di Reaves, Rui ha rinunciato alla rassegna iridata con la propria nazionale (in casa) per concentrarsi sulla nuova annata NBA. I titoli sono tutti per l’estensione triennale a cifre monstre firmata da Anthony Davis: 186 milioni di dollari che andranno a sommarsi agli 84 rimanenti nell’accordo corrente e lo legheranno ai losangelini fino al 2028, disegnando uno scenario post-LeBron. Il supporting cast Lakers conta sulle aggiunte di Taurean Prince (un anno a 4.5 milioni di dollari), Cam Reddish (cifra analoga ma spalmata su due stagioni) Gabe Vincent (triennale da 33 milioni di dollari totali) e Jaxson Hayes 4.6 milioni di dollari con P.O. per il 2024-2025. Da ultimo, la firma di Chris Wood apre al coaching staff un interessante ventaglio di soluzioni nell’alternanza di quintetti small small ball o positionless per ottimizzare la versatilità 1-to-5 di un LeBron James che ha ancora molto nel motore. Curiosità, infine, per la crescita di Jalen Hood Schifino, matricola da Indiana University che ha già assaggiato un approccio ‘NBA’ agli ordini di Mike Woodson. Sulla scia di esempi virtuosi – vedi Max Christie – potrebbe ritagliarsi minuti di qualità nel corso della stagione, mettendo in conto alcuni passaggi in G League.