La Pacific Division si conferma una delle più intriganti di tutta la NBA nella stagione 2024-25: sono tanti i veterani nelle cinque squadre, a partire da LeBron James, che compirà 40 anni a dicembre, fino a Kevin Durant, James Harden e DeMar DeRozan. Tanta esperienza dunque, ma anche tante incognite nella corsa al vertice della classifica per un fattore campo ai Playoff: assemblare Big Three o Superteam, sacrificando però giocatori di ruolo, rappresenta ancora la strategia migliore, oppure meglio costruire un roster più equilibrato, con magari una sola star di riferimento? I giocatori chiave, soprattutto quelli avanti con l’età, riusciranno a mantenere una tenuta fisica ideale nei momenti clou della stagione?
Dopo aver salutato Klay Thompson in una sign-and-trade che l’ha portato a Dallas, i Golden State Warriors si preparano ad affrontare la stagione 2024-2025 con un roster rinnovato e una maggior flessibilità finanziaria.
Il nucleo storico, con Stephen Curry e Draymond Green, rimane il pilastro attorno al quale la squadra di Steve Kerr costruirà le sue ambizioni. Nonostante i suoi 36 anni, Curry sarà ancora una volta il motore offensivo della franchigia, reduce com’è da una stagione 2023-24 in cui ha viaggiato a una media di 26.4 punti a partita, superando, per la tredicesima annata in carriera, il 40% di realizzazione da tre punti. Una delle maggiori incognite sul roster riguarda dunque chi potrà affiancare il tre volte campione NBA come secondo realizzatore.
L’addio di Thompson lascia infatti scoperto un ruolo cruciale: quello di una guardia o ala capace di garantire una media di 20 e più punti a partita. La dirigenza ha puntato su Buddy Hield, arrivato in estate dai Sixers tramite una trade che ha coinvolto 6 (!) squadre. Hield è uno dei giocatori più prolifici della lega dalla lunga distanza, ma ha vissuto un’annata complicata tra gli stessi Sixers e i Pacers, e la sua produzione ne ha risentito (12.1 punti di media). La sua capacità di aprire il campo si rivelerà comunque fondamentale per liberare spazi a Curry e Green, permettendo a Golden State di mantenere il proprio stile di gioco basato su scarichi e movimento palla.
Jonathan Kuminga, entrato nella sua quarta stagione, ha mostrato importanti segnali di crescita ed è chiamato a una responsabilità ancora maggiore con la partenza di Thompson: potrebbe essere l’annata della sua consacrazione. La settima scelta assoluta al Draft 2021 ha infatti registrato 16.1 punti di media a partita, diventando il terzo miglior realizzatore della squadra dietro a Curry e Thompson. Tuttavia, la sua efficienza al tiro da fuori è ancora un punto debole, avendo tirato con il 30.8% da oltre l’arco. La sua capacità di fare la differenza passerà tantissimo per questo aspetto, dato che nel sistema degli Warriors è fondamentale avere giocatori che sappiano allargare il campo per dare spazio a Curry.
Andrew Wiggins, invece, è chiamato a ritrovare la forma che lo aveva reso una pedina chiave per la vittoria del titolo NBA nel 2022. La scorsa stagione, l’ex Minnesota ha infatti segnato 13.2 punti a partita, in netto calo rispetto ai 17.2 della stagione 2021-2022, e il suo tiro da tre punti è sceso dal 39.3% al 35.8%. Se la franchigia californiana vuole evitare di dipendere esclusivamente da Curry, Wiggins dovrà migliorare la sua consistenza offensiva e diventare una seconda opzione più affidabile.
Tra i giovani da tenere d’occhio ci sono poi Moses Moody e i rookie Brandin Podziemski e Trayce Jackson-Davis, con i quali la squadra spera di costruire il futuro. Podziemski ha impressionato durante la Summer League e potrebbe ritagliarsi un ruolo significativo nelle rotazioni se riuscirà a mantenere la sua efficienza al tiro (45.4% dal campo e 9.2 punti di media).
Jackson-Davis, invece, potrebbe fornire una preziosa presenza difensiva sotto canestro in uscita dalla panchina. Anche De’Anthony Melton, con la sua capacità di difendere e tirare da tre, e Kyle Anderson, noto per la sua versatilità, daranno un contributo importante dalla panchina. Tuttavia, resta da vedere come tutti questi nuovi innesti si integreranno nel sistema di coach Kerr: gli Warriors hanno infatti il potenziale per puntare a una posizione a metà della Western Conference, ma molto dipenderà dalla capacità dei nuovi arrivati di integrarsi e dalla crescita dei giovani: un piazzamento a ridosso del Play-in Tournament sembra essere la previsione più realistica.