Quando si costruisce una società vincente, solida e duratura , le difficoltà non sono comunque minori rispetto a quelle di qualsiasi altra franchigia; il tenere il gruppo compatto, una buon front office, il ricambio generazionale sono aspetti fondamentali da trattare con la massima cura per edificare una “legacy“. Ma se tutti queste problematiche vengono superate con successo, cosa mai potrebbe scalfire una corazzata ben rodata? La risposta ce la da niente meno che Gregg Popovich, lui che di una squadra (e un’organizzazione prima) trionfante nel tempo è stato uno dei gli archietetti fondamentali, se non il principale; l’appagamento, quella sensazione di “pancia piena” che può portare a cali di concentrazione non facilmente recuperabili.
Ed è proprio questa la paura di Pop relativa all’imminente campionato, tanto da commentarla così;
“Sono preoccupato per una sola ragione: i miei ragazzi sono comunque essere umani, potrebbero sentirsi troppo soddisfatti”.
Da dove ripartire allora? Semplice, da quello che può sembrare la causa della suddetta soddisfazione, ovvero le magistrali finals disputate contro i Miami Heat che hanno condotto al 5° titolo; l’ex agente CIA infatti, analizza alcuni aspetti basilari del “Clash of the Titans” che hanno fatto si che la delusione del 2013 non si sia ripetuta:
“Quando (gli Heat) hanno vinto Gara 2, probabilmente non hanno gestito la vittoria molto bene. Forse hanno creduto che siamo stati fortunati in Gara 1, con il problema all’aria condizionata, e quindi hanno pensato che avrebbero rivinto ancora. Dalla loro situazione di 2 volte campioni uscenti, è stata una cosa naturale, vincere era diventata la loro missione.
La chiave però, è stata proprio la reazione alla sconfitta in gara 2 secondo Popovich:
“Questa volta c’è stato un “mantra” differente. Mentre prendevamo l’aereo, prima degli allenamenti, durante le sessioni di tiro, ci siamo detti ‘Siamo venuti qui per vincerne due’. Ci credevamo davvero a quel punto. Abbiamo creduto di essere migliori di loro”.
In conclusione dunque, Popovich dovrà, e aggiungiamo, saprà motivare i suoi atleti nella giusta maniera, contando sulla leadership in campo dell’eterno Tim Duncan, sulla a sua volta eterna esperienza condita con il caratteristico latino heat di Ginobili, sul suo braccio destro in campo Tony Parker, sull’efficacissimo estro di Boris Diaw, sulla conferma totale dell’MVP delle finali Kawhi Leonard e via scorrendo, su tutti gli altri fenomenali interpreti della sua filosofia di gioco (il nostro Belinelli ne è un ottimo esempio), ma soprattutto sulla sua grandissima capacità di infondere concentrazione, determinazione e, come piace dirlo a lui, la giusta dose di “Nasty”…