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Detroit Pistons

Griffin ai Pistons, chi ha vinto la trade?

I Clippers hanno mandato Griffin a Detroit in cambio di Bradley, Harris, Marjanovic e due scelte. Hanno svenduto la propria star, o hanno visto la luce?

Doveva essere una trade deadline tranquilla, senza nessun botto particolare, nessun altra Boogie Night e qualche aggiustamento dei Cleveland Cavs come highlights.

E niente, qualcuno di là dall’oceano ha fatto il matto anche quest’anno.

Nella notte tra lunedì e martedì, a poco più di una settimana dalla chiusura degli scambi per quel che riguarda la stagione 2017-18 (fissata per l’8 Febbraio), i Los Angeles Clippers hanno impacchettato Blake Griffin e lo hanno spedito a Detroit in cambio di Avery Bradley, Tobias Harris, Boban Marjanovic, una prima scelta del 2018 (protetta 1-4 fino al 2020, non protetta dal 2021) e una seconda scelta del 2019.

Ma procediamo con ordine.

La dinamica 

Stando a quanto riportato da varie fonti d’oltreoceano, Clippers e Pistons hanno cominciato a parlare di un possibile accordo già una settimana fa, con le trattative che sarebbero entrate nel vivo durante la giornata di lunedì, quando è diventata di dominio pubblico la notizia della disponibilità di Detroit a scambiare Avery Bradley (arrivato a Motor City soltanto qualche mese fa).

Da lì è partita ogni tipo di speculazione su come ogni squadra con aspirazioni di titolo avrebbe potuto provare a mettere insieme un’offerta per Bradley, utile come ultimo tassello di una contender e non troppo costoso in termini di assets, visto il contratto in scadenza quest’estate. Il brutto infortunio accusato da Andre Roberson qualche giorno fa avrebbe potuto far pensare a OKC come principale pretendente a Bradley, nonostante la situazione contrattuale speculare a quella di Paul George avrebbe potuto impedire a Sam Presti (GM dei Thunder) di sacrificare altri assets per un giocatore che tra 6 mesi avrà la possibilità di cambiare squadra – ma in realtà anche no, perché di all-in del genere negli ultimi anni ne abbiamo visti diversi. Magari il problema principale sarebbe stata la mancanza di contropartite interessanti per i Pistons da inserire nella trade da parte di OKC.

Fatto sta che durante la scorsa notte le trattative sono entrate nella fase calda, fino a sfociare nel raggiungimento di un accordo annunciato soltanto qualche ora fa, e al quale la reazione migliore è già automaticamente decretata proprio quella di Griffin.

Come ne escono i Clippers? 

In questi giorni, pensando a possibili scambi rilevanti in giro per la lega, probabilmente abbiamo tutti parlato di DeAndre Jordan e Lou Williams ai Cavs/ovunque-ma-non-ai-Clippers, Anthony Davis o comunque NOLA che fa qualcosa dopo la tragedia-Cousins. Ma non sarebbe stato possibile e quasi lecito aspettarsi una mossa del genere proprio da parte dei Clippers?

Sempre secondi vari report made in USA, la franchigia losangelina – nelle vesti di Doc Rivers – dal 2016 a oggi ha ascoltato offerte comprendenti Griffin da Celtics prima (per Bradley e/o Crowder, una delle scelte dei Nets e altro), Knicks poi, fino ad arrivare ai folli rumors recenti sulla proposta da parte di LA ai Minneosta Timberwolves di uno scambio Griffin/Towns – di cui l’unica cosa folle è l’idea stessa di far uscire la proposta dall’anticamera del cervello di chi l’ha pensata originariamente. Detto questo, i Clippers, forse la prima volta da quando sono diventati una franchigia di alto livello (almeno sulla carta), mettono in chiaro al resto della lega quale sia la loro strategia per il breve/lungo termine, e mettono una pezza alla reazione post-traumatica della perdita di Chris Paul che era sfociata nell’impulsivo rinnovo di Griffin della scorsa estate (circa 171 milioni di dollari in 5 anni, partendo dai 29 di questa stagione fino ai 39 – TRENTANOVE – del 2021-22, quando BG32 avrà 33 anni).

Il messaggio è chiaro, si riparte da zero, ma siamo sicuri che non sia stato lasciato niente a metà? I Clippers hanno ricevuto come contropartite immediate Tobias Harris, Avery Bradley e Boban Marjanovic; il contratto di Bradley, come detto, scade a fine stagione, mentre quelli di Harris e Marjanovic durano un anno in più ma insieme valgono soltanto 21 milioni di dollari. Se vogliamo escludere il centro serbo dai discorsi di valenza tecnica – e direi che possiamo, visto che non ha mai dato segni eccessivamente incoraggianti di ambientamento in NBA – Harris e Bradley sono comunque due giocatori di valore, una delle migliori guardie 3&D della lega e un’ala con tiro da 3 e rimbalzi, e inseriti in una squadra a mezza partita di distanza dall’ottavo posto a Ovest nel momento in cui scrivo rappresentano comunque una buona toppa al buco lasciato da Griffin. Ma ai Clippers conviene fare i Playoffs?

Proprio in queste ore, neanche un giorno dopo la trade di Griffin, si parla di un front office di LA pronto a cercare accordi per liberarsi anche di DeAndre Jordan e Lou Williams, facendo tabula rasa e magari cominciando a perdere quel numero di partite che permetterebbe alla squadra di inserirsi nei discorsi di lottery, dopo aver ricevuto in un nuovo scambio anche una buona scelta al Draft (quella di quest’anno dei Nets, i cui diritti sono dei Cavs, proprio per Jordan?).
Avere forte voce in capitolo in quello che si presenta come uno dei migliori Draft di sempre potrebbe essere fondamentale nel processo di rebuilding verso cui dovrebbero dirigersi i Clippers, e allo stesso tempo liberarsi di tutti contratti pesanti a lungo termine darebbe la possibilità di diventare uno dei poteri forti durante la prossima free agency, con la possibilità di offrire ben due max contracts. Paul George è nato appena fuori LA , tornare a casa potrebbe non dispiacergli (anche se si parla più di Lakers e, ultimamente, della seria possibilità di estensione con OKC); DeMarcus Cousins potrebbe non rifirmare con i Pelicans dopo l’infortunio, e Clippers e Kings avevano già parato di lui prima che andasse a NOLA. E poi c’è anche LeBron James, di cui nessuno conosce le vere intenzioni ma che più volte è stato associato ai Clippers e in generale alla città di Los Angeles, recentemente.

É addirittura possibile che proprio nel momento in cui scrivo queste parole, Jerry West, il vero uomo dietro la partenza di Griffin (e forse anche dietro quella di Paul) e al comando della franchigia, stia finalizzando gli accordi che spediscono Jordan e Williams altrove rendendo i Clippers una delle franchigie più free della lega. Perché nel caso in cui i due rimangano, e la squadra decida di puntare ai Playoffs per questa stagione, il buon primo passo fatto con la partenza di Griffin potrebbe lasciare un terribile senso d’incompiutezza (più che coerente con la storia recente della franchigia, sigh).

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