Se dovessi immaginare David Blatt dopo la sconfitta di gara 4, lo vedrei parecchio concitato, in riunione con il suo staff di assistenti a rivedere- per capire cosa non ha funzionato- gli errori che hanno portato i Cavs a perdere 103 a 82. La difesa sul pick and roll, il 15% al tiro fuori dal pitturato, aver subito il quintetto piccolo di Golden State, un Lebron James “umano” da soli 20 punti.
Questi sono argomenti già abbastanza validi per escogitare un piano tattico per gara 5. Ma da dove partire?
La seconda immagine che mi si materializza, è Blatt in cerca di ispirazione, di un nuovo punto da cui guardare il problema, per risolverlo. Così me lo figuro intento a fare la verticale, sotto sopra, fissare la lavagna sulla quale Tyron Lue ha segnato le cose da correggere.
“Small ball”. Non credo abbia detto queste parole, non credo nemmeno sia andata così la vicenda nella sala video dei Cavs. Ma gli accorgimenti di Blatt per gara 5 sono stati chiari, andiamo piccoli, usiamo la loro stessa moneta.
Mozgov è partito nello starting five, ma ha giocato i primi cinque minuti e gli ultimi quattro del match. Poco o nulla da recriminare al suo operato di gara 4, anzi, probabilmente è stato il migliore in maglia Cavs. (-62.5 di net rating quando è rimasto fuori dal campo). Abile a depistare il difensore sul punto in cui porterà il blocco, decidendo solo all’ultimo momento su quale angolo portarlo. Iguodala è stato fregato così più di una volta, pensando che Lebron andasse da una parte, per poi cambiare direzione un istante dopo.
Tutto sommato una discreta esclation per il russo
Ma il punto sta proprio nel match-up con Iguodala. Il russo non può che ignorarlo quando Curry o Thompson hanno la palla tra le mani. In gara 4 è stato sfidato a seguire Curry sui pick and roll e a restare sul perimetro. Con Iguodala da bloccante, Mozgov ha faticato in recupero, permettendo a Iggy di tagliare in due la difesa e di formare letali situazioni di 4 on 3 Warriors.
Blatt ha voluto rimescolare le carte tattiche, abbassando ancora di più il quintetto, andando quasi subito con quattro o addirittura cinque piccoli insieme, nel tentativo di non concedere vantaggi e soprattutto ritmo all’attacco di Golden State.
“Questo era il modo in cui bisognava giocare stasera per avere una chance di vincere”: La risposta di Blatt ai giornalisti che si interrogano sul brevissimo cameo di Mozgov.
E per alcuni tratti della partita la tattica ha funzionato, con i Cavs capaci di riportare nel fango dei palleggi insistiti e delle palle perse l’attacco degli Warriors all’inizio dell’ultimo quarto, ricucendo lo strappo a -6 nel punteggio.
Ma sul lungo termine si è rivelata una strategia logorante, Cleveland non è equipaggiata per giocare un attacco democratico. Chiamare alcuni giochi per J.R. Smith( volatilizzato, dopo l’ottima partenza da 8 punti nel primo quarto), utilizzare il pick and roll con Lebron da portatore per impegnare la difesa, attirare i raddoppi e scaricare la palla a Smith o Shumpert sul perimetro, ha variato l’attacco dei Cavs per un possesso o due, ma alla fine si è tornati sempre da Lebron.
Il Re ha chiuso con l’ennesima tripla doppia, stavolta da 40 punti, 14 rimbalzi e 11 assist, che lo inserisce legittimamente nel discorso di secondo MVP “perdente” nella storia delle Finals, dopo Jerry West.
Lebron è stato dominante sia palla in mano, sfruttando i blocchi( in queste situazioni ha segnato con il 46% dal campo), che in post up, prendono posizione e facendo valere la stazza. Nell’ultimo quarto si è verificato un curioso botta e risposta di triple tra MVP, prima tiro da tre da distanza siderale di Lebron, subito dopo gioco di prestigio di Curry, che ubriaca Delly in palleggio e…vabè, giudicate coi vostri occhi:
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Steph ha lasciato l’artiglieria pesante per l’ultimo quarto( 17 punti con 3/5 da fuori), acclimatarsi alle Finals è stato un percorso durato 2 gare e mezzo per l’MVP della RS. Dieci giorni di fuoco, in cui ha attraversato due sconfitte e una partita giocata veramente male( gara 2, chiusa con 19 punti e 2/15 da 3), al punto che la figura stessa del condottiero di una squadra apparentemente imbattibile stava cominciando a vacillare, tra i social network e per alcuni giornalisti. I canestri arrivati nel momento cruciale, sul finale, per ricacciare i Cavs-dopo che Lebron li aveva riportati a -1, sotto i 10 punti, hanno dimostrato a tutti( gli scettici di cui sopra) che siamo alla presenza di un vero MVP.
11 dei 13 tiri tentati da oltre l’arco da Curry sono stati costruiti dal palleggio. Si potrebbe scrivere un trattato sulla capacità dell’ex-Davidson di sapersi creare una conclusione dal palleggio, ma limitiamoci a rivedere i suoi movimenti in slow-mo:
Contrariamente a quanto si pensa, l’assenza di big men puri in gara 5 non ha peggiorato la protezione del ferro. Per i Cavs, Lebron da 5 è stato in grado di negare 5 dei 6 tiri che ha contestato all’interno del pitturato. Per gli Warriors, Green ha concesso solo 10 tiri su 19 tentati, tenendo gli avversari che si avventuravano nella restricted area al 33%
Le infinite risorse di Golden State stanno finalmente venendo a galla. In gara 5 sono arrivati anche in punti in contropiede: 18, contro i 3 segnati dai Cavs. Lebron è rimasto da solo, in parte perchè il cambiamento nella serie che ha fatto Golden State, di giocare piccoli nel 95% delle azioni nelle ultime due gare, ha neutralizzato praticamente ogni opzione offensiva per Cleveland che non finisca con Lebron. La lineup minuscola di Golden State è capace di cambiare su ogni uomo, su ogni blocco. Inoltre, con cinque potenziali playmaker in campo(Curry-Livingston-Thompson-Iguodala-Green), i Warriors forzano i loro avversarsi a difendere ogni singolo centimetro del campo. Mozgov è troppo lento, il resto dei Cavs è troppo stanco.
Tra poche ore( più precisamente 3.00 a.m.) andrà in scena gara 6, il match-point per la truppa di Kerr per consacrare una stagione perfetta nel migliore dei modi, ma anche la speranza di Lebron( che gioca in casa) di prolungare la serie a gara 7, per un finale thrilling.