Quello che si è appena concluso è stato probabilmente il più bel secondo turno degli ultimi anni.
Non me ne voglia LeBron James, ma la sua dipartita dalla Eastern Conference ci ha restituito squadre convinte di poter arrivare fino in fondo (e molto più forti delle contendenti degli ultimi anni) e serie equilibrate conclusesi con scene di (non) ordinaria follia.
Scene a cui eravamo più o meno abituati per la Western Conference invece, che già nelle passate edizioni dei playoff ci aveva regalato sfide serrate – tra cui quella del 2018 fra Golden State Warriors e Houston Rockets della quale abbiamo appena vissuto il rematch.
Gli Warriors, ancora una volta, hanno dovuto dare tutto per sorpassare l’ostacolo rappresentato da James Harden e la franchigia texana, che nel momento di massima climax della serie non è riuscita a sfruttare il match point.
Durante la sesta e decisiva partita della serie abbiamo avuto un reminder di cosa Steph Curry, Klay Thompson e Draymond Green siano in grado di fare se spalle al muro, anche senza l’aiuto del miglior Kevin Durant mai visto. Ed è proprio Durant a rappresentare il punto interrogativo più grande per le finali di conference (e il resto dei playoff): quanto è grave il suo problema al polpaccio? La visita in programma tra pochi giorni gli darà il via libera o ci dirà che la sua stagione è già finita?
Domande fondamentali, che i Portland Trail Blazers non avranno però tempo di farsi.
Dopo aver visto Damian Lillard creare il signature moment del primo turno dei playoff 2019 (e probabilmente della sua carriera), la franchigia dell’Oregon ha vissuto un’altra notte di grazia, anche se in trasferta e per mano non di Dame, ma del suo altro eroe.
Durante gara 7 contro i Nuggets CJ McCollum ha realizzato la prestazione più importante della sua carriera, dominando in lungo e in largo e alla fine decidendo la partita più importante della storia recente di Portland, che in questi playoff sta riuscendo a cambiare radicalmente la percezione che il mondo ne aveva.
I Blazers sono la storia del momento, in pochi se li sarebbero aspettati alle finali di Conference a inizio anno, in pochissimo ci avrebbero creduto vedendo che gli avversari di mezzo si sarebbero chiamati Thunder e Nuggets. Adesso, li aspetta l’ostacolo più duro.
Precedenti stagionali
La serie di regular season fra le due squadre si è conclusa con due vittorie a testa nelle quattro sfide, che hanno però visto andamenti diversi.
Il primo incontro, il 23 Novembre alla Oracle Arena di Oakland, è totalmente senza storia, e vede la squadra di Steve Kerr trionfare per 125-97 senza difficoltà; passa poco più di un mese e le cose cambiano, Portland vive un momento migliore e il 27 Dicembre, ancora in trasferta, batte i campioni in carica per 110-109 grazie a un tiro che abbiamo rivisto proprio al primo turno di questi playoff:
La serie si sposta poi al Moda Center di Portland, dove soli due giorni dopo la vittoria allo scadere i Blazers cadono di fronte al pubblico amico, in una partita equilibrata ma che vede Golden State sempre in controllo e vincitrice per 115-105.
L’ultima partita di regular season tra le due squadre avviene ancora a Portland il 13 Febbraio, e anche in questo caso si tratta di una partita senza storia: il punteggio finale dice 129-107, ma per i Blazers.
Chiavi tattiche
Nonostante il 2-2 in regular season e gli incredibili playoff giocati da Damian Lillard e compagni fino a questo momento, la realtà dei fatti è che i Blazers si accoppiano malissimo contro Golden State.
Il primo rebus è rappresentato da Kevin Durant: se l’ex OKC potrà tornare in campo per le finali di conference, Terry Stotts si troverà semplicemente senza risposta per contenerlo difensivamente. Si potrebbe obiettare che, quando in periodi di forma di questo tipo, Durant risulti incontenibile per qualunque difesa che la lega sia in grado di opporgli, ma la mancanza nel roster dei Blazers di qualcuno che abbia sia i centimetri per contrastare il tiro di KD, che la rapidità di piedi per rimanergli attaccato quando il #35 mette palla a terra, rischia di risultare fatale.
Nella propria metà campo Damian Lillard e CJ McCollum saranno impegnati a tempo pieno nell’inseguimento, vicino e lontano dalla palla, di Steph Curry e Klay Thompson, mentre Enes Kanter e Zach Collins dovranno alternarsi nel tentativo di limitare lo spazio di manovra per Draymond Green, che proprio grazie ai tanti metri offertigli per ragionare dai Rockets, consapevoli delle sue difficoltà al tiro, ha potuto leggere meglio degli altri le situazioni all’interno della serie e risultare decisivo. Rimane Al-Farouq Aminu, che almeno sulla carta avrebbe le caratteristiche fisiche per stare con Durant, ma se nemmeno Patrick Beverley, Doc Rivers e l’organizzazione difensiva dei Clippers sono riusciti a inceppare la macchina perfetta per più di due partite su sei, le possibilità che possa farlo Portland sono realisticamente poche.
Lillard e McCollum rappresentano uno dei pochi backcourt a poter vantare armi simili a quelle degli Splash Brothers, seppur arrivando alla conclusione con metodi diversi.
Per quanto Damian Lillard abbia aumentato il proprio range fino a raggiungere le distanze dello stesso Curry, infatti, predilige uno stile più tendente all’isolamento, con meno lavoro lontano dalla palla rispetto al #30 degli Warriors che può contare su un’organizzazione nel portare blocchi da parte dei suoi superiore a quella di Portland.
Stesso discorso per quanto riguarda il duello McCollum-Thompson, con una variante in favore della guardia degli Warriors: se Curry ha sempre mostrato lacune difensive e può rischiare di soffrire Lillard in più di un’occasione, Thompson rappresenta invece un ostacolo molto duro nella propria metà campo, e per la guardia dei Blazers sarà difficile replicare serate con tanti possessi in isolamento come quella della vittoria in gara 7 sui Nuggets.
Su cosa può provare a puntare, quindi, Terry Stotts?
La risposta più facile conduce alla profondità del roster, vero (e forse unico) limite di Golden State accentuato dalla perdita di DeMarcus Cousins nella serie contro i Clippers. La panchina degli Warriors si è dimostrata più volte inaffidabile, e la necessità di Steve Kerr di spostare Andre Iguodala in quintetto base ha tolto un’ulteriore punto di riferimento a quella che è senza dubbio una delle peggiori second unit della lega, almeno per quanto riguarda le contender.
Per Portland, au contraire, le riserve sono risultate decisive, specie nella serie contro i Nuggets. Rodney Hood, Zach Collins, Seth Curry, Meyers Leonard sono tutti nomi che nessuno avrebbe pronosticato come decisivi in postseason, ma in entrambe le metà campo la second unit di Stotts ha portato a fasi alterne apporti fondamentali, senza i quali adesso staremmo probabilmente parlando di un’altra avversaria per i campioni NBA in carica.
Approfittare dei momenti in cui due o più titolari degli Warriors riposano potrebbe essere l’unica carta in mano a Portland.
Players to watch
Continuiamo a tenere Durant come punto interrogativo, senza includerlo quindi tra i giocatori più importanti della serie.
Le attenzioni si rivolgono per forza di cose a Steph Curry, che dopo un primo tempo da 0 punti contro i Rockets ha letteralmente trascinato i suoi in gara 6, mettendo 33 punti nel solo secondo tempo e dando una dimostrazione di forza e controllo del gioco che ha ricordato a tutti la letalità del leader dei Golden State Warriors.
Stesso pericolo rappresentato da Klay Thompson, capace di esaltarsi con l’assenza di Durant e autore di 6 triple nel solo primo tempo contro Houston, 27 punti totali e il tiro a pochi secondi dalla fine che ha deciso partita e serie.
Il vero ago della bilancia per gli Warriors, però, rischia di essere nuovamente Draymond Green, in grado come detto di effettuare letture e scegliere sempre l’opzione migliore grazie al grande spazio lasciatogli dalla difesa di Houston, troppo concentrata sul coprire i tiratori.
Anche dal punto di vista difensivo Green potrà fungere da ancora di Golden State, basti pensare alla semi-estromissione dalla serie di Clint Capela proprio per mano sua. Enes Kanter è avvertito.
Per Portland, ovviamente, tanto passa dalle mani dei due componenti del backcourt: Lillard e McCollum non potranno sbagliare nulla se vorranno dare ai loro compagni la possibilità di aiutarli e risultare decisivi.
Proprio come le due guardie, importante sarà il ruolo del frontcourt. Kanter e Collins sono stati importanti, uno contro OKC e Steven Adams e l’altro contro Denver e Nikola Jokic; la domanda diventa se contro un reparto sulla carta inferiore come quello degli Warriors le loro caratteristiche saranno esaltate, oppure se ne saranno portate alla luce tutte le debolezze.
Pronostico
Per quanto il desiderio di avere un’altra serie avvincente ed equilibrata sia comune a tutti gli appassionati di NBA, credere davvero che Portland possa mettere in seria difficoltà gli Warriors è proibitivo.
Golden State è un incubo per tutti, ma la confermazione dei rispettivi roster e le caratteristiche tecniche la rendono un incubo ulteriore per i Blazers. La previsione più realistica, Durant o non Durant, è un gentleman sweep e punteggio finale di 4-1 in favore degli Warriors.
A meno che non crediate nel destino, vogliate unire i puntini e pensare davvero fino in fondo che questo sia l’anno di Portland.
Non sarò io a svegliarvi.
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