L’argomento che continua a tenere banco è la conference call organizzata dalla stella dei Brooklyn Nets Kyrie Irving, nella quale si è discusso sulla decisione di tornare in campo visto quanto sta succedendo negli Stati Uniti in questo momento storico. E se Dwight Howard ad esempio, la pensa come Kyrie Irving (ecco qui il pensiero del lungo dei Los Angeles Lakers), c’è anche chi, come Austin Rivers, si oppone. Questo il suo pensiero affidato a un commento su Instagram:
“Io non vedo alcuna correlazione, tornare in campo permetterebbe di mettere soldi nei portafogli dei giocatori NBA. Con quei soldi possiamo aiutare ancora di più e continuare a dare il nostro tempo e le nostre energie al movimento Black Lives Matter, che supporto al 100%. Perché il cambiamento deve avvenire e le ingiustizie vanno avanti da troppo tempo.”
Il figlio di Doc Rivers, attualmente in forza agli Houston Rockets, ha poi continuato in questo modo:
“La NBA è una lega prevalentemente afro-americana, così come il nostro pubblico. Dare intrattenimento e speranza ai bambini è importante. Tenere alcuni di loro in casa davanti alla tv, invece che farli uscire e meyttersi nei guai (per via degli ambienti ingiusti e delle ineguaglianze sociali) è importante. Non dico che il basket sia la cura, ma può dare una mano. Si può sia giocare che aiutare il cambiamento, le due cose non si escludono.”
Austin Rivers ne ha poi fatto un discorso economico più ampio:
“Ci sono tanti giocatori che conosco che hanno bisogno dei loro assegni. Il 99% dei giocatori NBA non ha fatto i soldi che ha uno come Kyrie Irving. Le conseguenze di non tornare in campo con i soldi delle tv e col contratto collettivo potrebbero davvero danneggiare la pallacanestro. Addirittura cancellare la prossima stagione. Amo la passione di Kyrie per aiutare questo movimento, è di ispirazione, ma deve essere indirizzata nella giusta maniera, non al costo dell’intera NBA e delle carriere dei giocatori. Si possono fare entrambe le cose: giocare ed aiutare le vite nere in questo paese.”
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