Archiviate le 2 partite disputate all’ombra dell’Alamo, è tempo di primi bilanci, di valutazioni e di considerazioni da fare riguardo un 2-0 Spurs tanto perentorio quanto (in parte) inaspettato. Già nell’analisi di gara 1 avevamo messo in evidenza le palesi difficoltà difensive dei Thunder (assenza di Ibaka, ma non solo), ripresentatesi puntualmente anche nel secondo episodio della serie. Difatti, nonostante la % dal campo dei texani è scesa dal 58 al 50, i 112 punti incassati non lasciano spazio a dubbi.
Ciò che è cambiato (in meglio per i nero argento) è stata l’applicazione difensiva dei ragazzi di coach Popovich, capaci di limitare l’attacco di OKC a soli 77 punti, “”costringendo”” (con tutte le virgolette del caso) Durant ad una prestazione da 15 punti (erano un paio di ere geologiche che l’MVP non raccoglieva un così “misero” bottino).
Problemi di sterilità offensiva tanto rari quanto inspiegabili per la squadra di coach Brooks.
Testa. Testa. E ancora testa. Questo è quello che Westbrook ripete insistentemente al suo compagno. Ed è quello da cui i Thunder devono ripartire, provando a coinvolgere un supporting cast troppo poco incisivo offensivamente. I 4 punti complessivi messi a referto dal trio Perkins-Collison-Sefolosha (tra cui l’Ave Maria con un decimo sul cronometro) pesano molto di più dei mancati trentelli del Dinamic-Duo dell’Oklahoma.
L’impietosa quanto efficace grafica pubblicata da SportIllustrated.com fa capire quanto i punti delle seconde linee siano mancati in questi primi 96 minuti di Finali di Conference.
Gara 2, ogni linea rappresenta un canestro mandato a bersaglio dai Thunder. Bianco KD e Russell, azzurro tutto il resto. Dal jumper di Butler a quello di Jackson passano 14 minuti (a cavallo dell’intervallo lungo) decisivi nel definire il risultato dell’incontro, momento di massimo sforzo da parte degli Spurs. In quel frangente nessuno che non sia Westbrook o Durant va a bersaglio. Nessuno.
Ennesima riprova di come nei momenti di difficoltà tocca al numero 0 e al 35. Sempre e solo a loro. Sperare di riuscire a vincere contro una difesa così organizzata diventa allora impresa impossibile.
Il piano per provare a rimediare è semplice: generare situazioni di aiuto (e quando hai l’MVP della Lega non dovrebbe essere così difficile) o di contropiede (è necessario fare il nome di Westbrook???), per creare spazio e conclusioni per i compagni. Chiaro e (all’apparenza) di facile realizzazione. Vediamone un esempio.
Nonostante le cattive spaziature, Belinelli (in rosso) è in ritardo per andare in marcatura su Fisher.
Diaw a quel punto pensa ad un cambio difensivo, Marco no e si ritrovano entrambi accoppiati con il “Venerabile Maestro”. Da lì i Thunder sono abilissimi nello sfruttare la situazione di vantaggio (che in teoria dovrebbe nascere dai raddoppi su Durant e non il contrario). Splitter infatti è costretto a ruotare sul numero 35.
Passaggio immediato per Adams che inchioda la schiacciata ad una mano. Questa azione ed una di contropiede (che vede sempre coinvolto il neozelandese) sono riportate nel video seguente. E’ da lì che bisogna ripartire per provare quantomeno ad insidiare i nero argento.
Certo è che tutto questo non può prescindere dal provare a migliorare l’aspetto difensivo, soprattutto per fronteggiare degli Spurs ispirati come quelli di queste ultime 2 settimane di post season.
La palla circola, il ritmo è alto e i canestri di conseguenza arrivano.
Un nome per tutti in gara 2. Danny Green, tornato ad essere quello esaltante dei primi 5 episodi delle Finals dello scorso anno. 7/10, eguagliato il record di triple in una partita di playoff (stabilito sempre da lui lo scorso anno contro Miami). Nelle ultime 3 partite tira col 71% dal campo, il 71,4% da 3 e una “True shooting percentage” (ossia quella statistica che dà più valore al tiro da 3 punti) del 95,2%. Questa la carrellata della partita della scorsa notte.
(si, avete il diritto/dovere di riguardare più volte al minuto 0:15 la perla di Ginobili)
Palleggio/arresto/tiro, conclusione in transizione, corner 3. Il repertorio è completo e fermarlo diventa ancora più complesso se lo si considera inserito in un ingranaggio così perfetto.
I numeri (non soltanto quelli di Green) in parte sembrano già condannare la squadra di coach Brooks (77-4 il record nei Playoff per squadre che hanno vinto le prime 2 gare di una serie con più di 10 punti di margine), ma molti tifosi di OKC ricordano bene come andò a finire l’ultimo scontro playoff tra le 2 franchigie.
Domenica notte si cambia scenario, si cambia palazzetto, ma si deve soprattutto cambiare rotta in casa Thunder, provando ad evitare di essere travolti da una mareggiata che rischia di far affondare per l’ennesima volta i progetti (più che leciti) di titolo della squadra dell’Oklahoma.