Mai nessuno sarà più come Udonis Haslem. Dopo 20 stagioni e 3 titoli (2006, 2012, 2013) in maglia biancorossa. Arrivato a South Beach da undrafted nell’estate 2003, si è ritagliato uno spazio sempre più importante entro i ranghi dei Miami Heat. Fino a diventarne un senatore, una leggenda. E oggi, un simbolo. Grinta e cattiveria agonistica, quando di talento non ne hai da vendere. Difesa e aggressività, quando al tuo fianco hanno giocato stelle e fenomeni. Un leader e un esempio per tutti quegli undrafted free agents che negli ultimi anni hanno fatto la fortuna di Miami. Proprio come lui.
Con al suo fianco l’amico Dwyane Wade, con il numero 40 – il suo – ormai appeso al soffitto di quel Kaseya Center che ormai è casa sua.
“So che avete scommesso tutti che mi metterò a piangere. Ma provo solo gratitudine in questo momento”.
E anche lo stesso Eric Spoelstra, suo coach dal 2006, ha speso parole al miele per Udonis.
“La sua eredità sta nell’esempio lasciato a chi verrà dopo di lui: Udonis è il simbolo di cosa significa essere un vincente”.
E quella sua maglia ora è accanto proprio a quelle dei suoi vecchi compagni. Lo stesso Wade, Bosh, Mourning, Hardaway e O’Neal. Poco conta che la serata per Miami è terminata con una sconfitta contro gli Atlanta Hawks. Un 109-108 grazie alla tripla finale di Dejounte Murray, su cui si vocifera sia elevatissimo l’interesse proprio di Miami e del suo godfather Pat Riley.
Haslem ha poi lanciato una provocazione per il futuro. O meglio l’attuale vice-presidente dello sviluppo giocatori degli Heat ha confermato di voler entrare a far parte anche della proprietà della franchigia. Ovviamente con una quota di minoranza. Perché giocatori come Haslme si sposano alla perfezione con la Heat Culture. Un vero e proprio matrimonio perfetto.
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