Damian Lillard ha ottenuto il suo primo titolo NBA vincendo la NBA Cup con i Milwaukee Bucks, che hanno superato gli Oklahoma City Thunder 97-81 nella finale disputata alla T-Mobile Arena di Las Vegas. L’ex Blazers ha contribuito significativamente al successo dei Bucks, segnando 23 punti nella partita decisiva.
Dopo undici stagioni con i Portland Trail Blazers, Lillard è stato ceduto ai Bucks, unendosi a Giannis Antetokounmpo per formare un duo di superstar. La loro collaborazione ha mostrato risultati promettenti, culminando nella vittoria della NBA Cup, competizione introdotta recentemente e che offre incentivi economici significativi per i giocatori. Ogni membro della squadra vincitrice riceve un premio di 500.000 dollari, mentre i finalisti ottengono 200.000 dollari ciascuno.
La vittoria nella NBA Cup rappresenta un passo importante per Lillard e i Bucks, rafforzando la loro fiducia e consolidando la loro posizione tra le squadre d’élite della lega. Con l’obiettivo di conquistare ulteriori successi, il duo Lillard-Antetokounmpo continuerà a lavorare per portare Milwaukee ai vertici della NBA. Queste le parole nel post-match per quanto riguarda il Lillard:
“Ho avuto molte esperienze individuali di riconoscimenti e cose del genere, ma vincere di squadra ed essere gli ultimi a rimanere in piedi è una sensazione fantastica. Non butterei completamente via le sconfitte che abbiamo avuto perché è importante non dare niente per scontato, ma anche all’inizio ci sono state quattro o cinque partite che avremmo dovuto vincere. Abbiamo dimostrato che la squadra che ha cominciato la stagione non è la squadra che siamo adesso, che non eravamo veramente noi. Semplicemente è iniziata male”.
Poi, sulla sua convivenza con Antetokounmpo, il play ha reagito in questa maniera:
“Tutti pensavano che sarebbe stato tutto perfetto fin da subito perché siamo entrambi due grandi giocatori, ma c’era bisogno di tempo. Io arrivavo da una situazione in cui avevo sempre il pallone in mano, e lui aveva giocato per 10 anni con il pallone in mano e in una certa maniera. Avevamo bisogno di tempo per conoscerci dentro e fuori dal campo, di parlarci e di confrontarci, di provare in campo situazioni in cui possiamo mettere in crisi le difese avversarie. Con Vin Baker lo facciamo prima e dopo ogni allenamento, ma ci parliamo anche tanto via messaggi”.
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