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Editoriali NBA

Jordan Farmar, l’acquisto utile e a basso costo in casa Lakers!

Quando nasci a Los Angeles, all’ombra di Beverly Hills, non hai molti dubbi su quale possa essere la tua destinazione preferita nel caso tu venga scelto al draft NBA (almeno fino ad un paio di anni fa). Jordan Farmar, 19enne uscito dalla Taft High School, dopo 2 anni passati ad UCLA, venne scelto nel 2006 dai Lakers. Pochi secondi dopo esser stato selezionato, non poteva credere al fatto che stesse succedendo proprio a lui:

Le parole non possono spiegare cosa sto provando in questo momento. Non potevo immaginare una situazione migliore di questa. E’ tutto perfetto!

Queste (poco) profetiche parole segnarono l’inizio di un difficile rapporto tra il playmaker losangelino e coach Zen Phil Jackson, mai pienamente convinto della scelta fatta da Mitch Kupchak. L’attacco Triangolo mai digerito, i minuti che in 4 anni stentano ad aumentare. Arrivano comunque 2 titoli e 3 Finali NBA (chiedere a Garnett se ricorda qualcosa).

Dopo gli ultimi anni difficili, l’aria in casa dei gialloviola è radicalmente cambiata. Tranne Kobe le novità allo Staples Center sono state totali, allenatore e impianto di gioco in primis. Per questo, con una situazione salariale complessa come quella di questa stagione, riprendere al minimo un play come Farmar oggi può avere tutta un’altra valenza.

Analizzarne nello specifico il gioco non vuol dire cercare a tutti i costi di spacciare per un grande colpo l’acquisizione del giocatore che nell’ultimo anno ha militato nell’Anadolu Efes, ma certamente pensare che possa rivelarsi una mossa funzionale all’impianto di gioco che anche quest’anno coach D’Antoni cercherà di proporre.

Partiamo dalle mappe con la selezione dei tiri:

Le 2 mappe indicano rispettivamente le scelte al tiro fatte nella stagione appena trascorsa da Steve Blake (sinistra) e Steve Nash (destra), i playmaker a disposizione di D’Antoni (dimentichiamo volutamente le ultime apparizioni stagionali con Morris in cabina di regia).

Quello su cui vorrei focalizzare l’attenzione è un punto molto semplice: quando si pensa al “Seven second or less” ci si immagina solitamente un bombardamento atomico con i piedi dietro la linea da 3 punti. In realtà quello che rende letale il tiro dalla lunga distanza in una logica NBA è la capacità di attaccare il ferro, in teoria cioè l’esatto opposto. Come si vede dalle mappe sopra proposte, Blake in particolar modo (ma anche Nash), non prediligono questa soluzione, dedicando alle conclusioni da sotto soltanto il 9% e il 17% rispettivamente della totalità dei tiri presi.

Ricercando nelle 17 stagioni del playmaker canadese, nel 2006 quando fu votato MVP, tale percentuale era pari al 24%.

Farmar, che fa dell’esplosività la sua miglior dote, ribalta tale logica. La carta riportata di fianco fa riferimento al 2011/2012, in cui il giocatore ha preso quasi il 30% delle conclusioni in prossimità del ferro (con una percentuale di conversione ottima).

Per questo in casa Lakers si aprono nuove prospettive offensive nel momento in cui verrà schierato il neoacquisto sul parquet, garantendo una maggiore omogeneità nella distribuzione delle conclusione. Altro aspetto del gioco offensivo di Farmar è l’interpretazione del pick&roll e del movimento senza palla. Vediamo nello specifico alcune situazioni che potrebbero presentarsi e che D’Antoni potrebbe sfruttare.

Un primo esempio è quello riguardante la capacità di attaccare il ferro. Vediamo qualche frame che ricostruisce un’azione tipica (per le immagini ringrazio sempre vari siti americani dai quali riesco a reperire un sacco di materiale).

In questa situazione Farmar attacca subito il blocco alto portatogli dal suo compagno, non dando il tempo al lungo avversario di avvicinarsi e di tentare uno show difensivo.

Il tempismo, unito alla qualità del blocco che taglia fuori il diretto avversario, fanno si che il playmaker possa attaccare in movimento e con spazio il lungo avversario.

Nonostante il raddoppio arriva lo stesso alla conclusione da sotto,merito della forza fisica nella parte alta del corpo del playmaker. Tale interpretazione non è univoca. Infatti sarebbe sbagliato pensare a Farmar come un buon penetratore e nulla più. La qualità delle sue letture e della conclusioni dalla distanza non sono da meno.

In questo caso lo sfruttamento del blocco avviene più tardi rispetto alla situazione precedente. Difatti Stiemsma, il lungo avversario, è ben posizionato, pronto all’aiuto difensivo.

Farmar attacca il blocco e circumnaviga lo show del lungo avversario, dovendo quindi rinunciare ad una linea di penetrazione diretta verso il ferro. Per questo motivo, qualora decidesse di entrare in area, non avrebbe il vantaggio necessario per poter sperare di terminare l’azione da sotto.

Opta quindi per il palleggio/arresto/tiro (tanto caro a coach Peterson), prendendo in contro tempo i difensori che nel frattempo erano “scappati” all’indietro.

Terza possibilità è il cosiddetto “Horns set”, lo schema “corna” che nei vari playbook cambia nome, ma non la sostanza.

In una situazione di doppio blocco, Farmar decide il lato da cui far partire l’attacco e al posto di far posizionare il blocco serve con un passaggio consegnato il lungo.

Mentre il compagno ruota per fronteggiare il canestro, il losangelino prosegue il suo movimento di taglio, sfruttando il fatto che il suo diretto avversario, battuto inizialmente dal palleggio, lo sta ancora inseguendo.

Vista la contemporanea assenza dall’area dei lunghi, nessuno può mettere un corpo in aiuto sulla sua linea di penetrazione. E’ un gioco da ragazzi quindi per il compagno servirlo e per lui andare a segno indisturbato da sotto. Infine volevo analizzare la qualità del suo gioco lontano dalla palla, capacità non comune tra i trattatori di palla.

Nella sua stagione ai Nets (a cui tutti i frame fanno riferimento) ha spesso convissuto sul parquet assieme a Deron Williams, abbandonando quindi la posizione di playmaking e giocando da 2. In questa situazione inizialmente finta di portare il blocco.

In realtà il suo è un taglio a ricciolo, prevedendo un iniziale attacco dell’area e poi una rapida uscita sulla linea dei 3 punti.

I blocchi portati dai 2 lunghi fanno si che lo spazio generato dal suo movimento senza palla gli permetta di ritrovarsi indisturbato e con spazio con i piedi dietro l’arco.

Messo in ritmo da Williams, è facile per lui mandare a bersaglio la conclusione.

Ripeto per chiarezza, non voglio con questo articolo far diventare Farmar il nuovo CP3 o il nuovo Rose, dico soltanto che le sue qualità possono far comodo ad una squadra come i Lakers in forte difficoltà, in ragione del fatto che, a differenza dei giocatori a disposizione, la sua atleticità gli permette di fare scelte diverse.

Non sarà un “top player” (facendo ricorso ad un linguaggio calcistico), ma messo sotto contratto al minimo salariale è davvero un’ottima presa.

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