Molti tra i più grandi giocatori di questo sport, per sopravvivere all’ evoluzione del gioco e al lento ma inesorabile trascorrere del tempo, hanno dovuto imparare ad adattare il proprio modo di giocare e stare in campo per potere essere ancora incisivi, compensando la perdita dell’esplosività giovanile: non fa eccezione a questo proposito la stella dei Los Angeles Lakers, Kobe Bryant che, atteso ancora al rientro dopo la rottura del tendine d’achille procuratasi, lo scorso aprile ha dichiarato di essere pronto a cambiare il proprio modo di giocare se dovesse rendersi necessario, ora che è entrato nella fase calante della propria carriera.
“Ci sono diversi modi in cui potrei comportarmi al rientro” – ha dichiarato Kobe – “Il più facile ovviamente, è che io continui a giocare allo stesso modo, con la stessa esplosività degli anni passati. Questo di certo sarebbe più semplice per me. Ma se per caso non ce la dovessi fare, sono pronto a riadattare il mio gioco.”
Ennesima dimostrazione, dunque, della “leggendaria” work ethic di Kobe, disposto a rivedere il proprio modo di giocare pur di poter continuare a competere, pur di poter trascinare i Lakers alle soglie di un altro titolo. Con la ricca estensione biennale da $ 48 mln firmata in settimana, Kobe ha altri due anni per riuscire in questa impresa: un’impresa resa molto più difficile dai problemi salariali dei Lakers (che, per essere realisti, ha contribuito lui stesso in parte a provocare) e da un roster che, guastato dagli acciacchi e da un un talento forse inferiore a quello necessario, non ha i mezzi necessari per arrivare fino in fondo; ma con un giocatore come Bryant in squadra la parola “sconfitta” non è una di quelle che puoi masticare, e al Black Mamba non manca certo la forza per prendere in mano le sorti dei Lakers un’ultima volta.