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Editoriali NBA

Dwight Howard e i tiri liberi, un problema apparentemente senza soluzione!

Esistesse una routine, una metodologia ben precisa alla quale rifarsi, Dwight Howard avrebbe già provveduto (e molti altri prima di lui) a venirne a conoscenza. Invece, nel bene o nel male (punti di vista), i tiri liberi entrano nel campo dell’insondabile. Ognuno ha il suo rituale ed esso non intacca l’efficienza nella realizzazione. Basta guardare Steve Nash o Kevin Durant o Steph Curry. Giocatori diversi, fisicità diverse, ma la sostanza non cambia. Solo retina nel 90% (e più) dei casi. Problema che anche Lebron James si è posto in questa stagione, prendendo lezioni da Ray Allen, dagli esiti purtroppo per lui non eccezionali (clicca qui per l’articolo).

Il problema per il primo tiratore di liberi della Lega (9.5 a partita, in pratica una doppia cifra certa ogni sera qualora li segnasse) è molto più importante e frustrante di quanto si possa pensare. Fermato in maniera preventiva per ordine tecnico oppure per evitare una schiacciata, Superman viene continuativamente mandato a tirare dalla linea della carità, con lui fino ad oggi molto poco magnanima. Nella scorsa stagione, contro i “suoi” Magic, ne ha tirati 39 in una sola partita (realizzandone ben 25 in quell’occasione).

Ciò che più preoccupa è il fatto che negli ultimi due anni la sua percentuale, faticosamente portata fino alle soglie di un dignitoso 60%, è miseramente crollata al di sotto del 50. Un disastro. Colpa dei vari Mark Price, Ed Palubinskas o Chuck Person, tutti ingaggiati dal nuovo centro dei Rockets per cercare di risolvere in qualche modo il problema? No, o quanto meno non soltanto.

Confrontare le diverse tecniche di tiro è esercizio sicuramente non decisivo e risolutivo, ma può essere utile nel cercare di carpire cosa c’è di sbagliato nella tecnica di tiro di Howard.

Primo confronto (mi scuso anticipatamente per la bestemmia tecnica) con Steph Curry, in particolar modo della fase di preparazione e di rilascio.

Dall’immagine precedente si nota come le differenze già in partenza siano molte. Howard è ricurvo sulla palla, ingobbito su di essa, mentre il playmaker dei Warriors ha una posizione molto più eretta. Inoltre, l’angolo formato dal gomito è totalmente diverso. Il primo, contratto e impacciato, tiene le braccia molto piegate, a formare un angolo acuto molto stretto. Curry invece, molto più “a suo agio”, tiene le braccia più rilassate, formando un angolo quasi retto.

Passando al frame successivo le differenze se possibile si ingigantiscono. L’arto di Howard mantiene un angolo innaturale, schiacciando molto la palla verso il viso, con il braccio che si dispone parallelo al parquet. Mettendosi in quella posizione diventa impossibile compiere un movimento di tiro continuo. Il centro ex Magic (periodo a cui le immagini sono riferite) blocca il suo movimento, riparte da una situazione poco agevole, che ne limita anche la qualità della parabola. Tutt’altra storia quello di Curry. Poetry in motion.

Il video, anche se molto rallentato, fa vedere bene quanto sopra esposto (clicca qui per il video).

Altro particolare da evidenziare. Non sarà sfuggito a molti che la stazza, l’altezza e la fisicità dei due giocatori non sono paragonabili. Questo però, in linea di principio, non dovrebbe intaccare le due tecniche di tiro. In realtà però, secondo quanto già prima discusso, l’altezza fa si che i due giocatori “pensino” a conclusioni differenti. Il tiro di Howard è piatto, con una parabola minima, impensabile per uno che tira essendo poco più alto di un metro e ottanta. Basta osservare il movimento del braccio per rendersene conto (clicca qui per il video).

Curry estende il braccio molto più verso l’alto, gettando la palla non “direttamente” verso il canestro. Il centro ex Lakers invece lo stende molto più in orizzontale, tirando dritto (o quasi) davanti a se. Inevitabile quindi che anche il risultato ottenuto sia diverso.

Altro aspetto sul quale volevo soffermarmi (in realtà si potrebbe scrivere un piccolo manuale sui tiri liberi di Howard) è l’utilizzo della cosiddetta mano guida.

A sinistra si vede chiaramente che la mano sinistra viene utilizzata per “stoppare” il pallone. Questo fa sì che, nel momento in cui si debba rilasciare lo stesso, il giocatore la tolga completamente, ritrovandosi nel momento cruciale della conclusione a tenere la sfera con la sola mano di tiro, dalla quale può facilmente perdere il controllo, ritrovarsi sbilanciato, perdendo efficacia e precisione.

Nella metà di destra dell’immagine invece la posizione delle mani è decisamente migliore. La palla viene sostenuta e in fase di rilascio viene accompagnata con molta più facilità. Vedere per credere (clicca qui per il video) (vi garantisco che non è stato facile trovare un tiro libero segnato in maniera impeccabile da Superman..).

Ultima caratteristica sulla quale porre l’attenzione è l’utilizzo della spinta delle gambe o meno. Alcuni lo fanno (Nash o Curry), altri no (Ray Allen). Come già ripetuto più volte, non esiste una verità assoluta. Non esiste un metodo giusto e uno sbagliato. E Howard, come potete ben immaginare, le ha provate tutte.

Tendenzialmente ha sempre tirato in carriera utilizzando anche le gambe, caricando dal basso il movimento e spingendo con la flessione delle ginocchia (clicca qui per il video). Nell’estate del 2011 il cambiamento. Assunto come assistente Ed Palubinskas, si cambia metodologia. Secondo quanto riportato in questa video intervista (clicca qui per il video), si cerca di sfruttare il solo utilizzo delle braccia, senza coinvolgere le gambe.

Dopo i risultati molto poco incoraggianti di Gennaio (la stagione è iniziata tardi causa lockout), si è rapidamente ritornati al caro vecchio utilizzo della spinta dal basso, che però nel frattempo non si è rivelato più efficacie come un tempo (le ultime due stagioni al di sotto del 50% sono lì a dimostrarlo).

Insomma, quando la soglia del 60% di realizzazione era ad un passo, l’aver cambiato totalmente impostazione ha nuovamente destabilizzato il giocatore, che da quel momento non è più riuscito a ritrovare serenità.

Forse in Texas troverà la situazione giusta per rilanciarsi e provare finalmente a vincere. Per la questione dei tiri liberi invece, credo che ci sia ancora molto da lavorare.

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