22 partite. 18 vittorie. Non ci fossero i Warriors e Steph Curry, non si parlerebbe d’altro. Ma l’assenza di riflettori in Texas è un tratto distintivo, un viatico indispensabile alla costruzione del gruppo, della Cultura (C rigorosamente maiuscola) e soprattutto delle vittorie.
I San Antonio Spurs sono pronti a dare la caccia al sesto anello, con un Aldridge in più nel motore. Non ancora pienamente inserito e “rodato”, il free agent più ambito dell’estate che ci siamo lasciati alle spalle sta cercando sempre più di entrare nei complessi meccanismi d’attacco di una squadra che gioca a memoria. 15,5 punti e 9 rimbalzi scarsi il suo contributo, ma non saranno mai queste le cifre che ne misureranno il reale impatto.
Net Rating a 11,1. Un eccellente risultato, se non fosse che agli Spurs peggio di lui fanno solo Green (di gran lunga il meno brillante in questo inizio stagione) e i meno impiegati Mc Collum e Marjanovic.
Spaziature, timing, spacing. Questi i “parametri” rispetto a cui verranno misurate le sue prestazioni, figlie del tempo e della conoscenza reciproca.
Prendiamo ad esempio questa azione contro i Mavs. Solito ingresso nell’attacco Spurs con Parker che sfrutta i blocchi lungo la linea di fondo ed esce per ricevere sul ribaltamento. Aldridge dopo la ricezione del playmaker francobelga porta il blocco e poi resta sostanzialmente a guardare l’uno-due giocato a memoria da Duncan e Parker (700 e più vittorie insieme mica per caso).
Ancora un pesce fuor d’acqua. Ma il tempo di imparare a nuotare c’è, visto che le vittorie non stanno mancando.
Chi invece nelle due metà campo sta facendo realmente la differenza è Kawhi Leonard, uomo franchigia, go-to-guy e uno dei giocatori più completi dell’intero panorama NBA.
Un giocatore in continua evoluzione. Nella prima stagione agli Spurs il numero 2 mise a referto 41 triple totali, giocando tutte e 82 le gare. Quest’anno in 20 incontri, il bottino è esattamente lo stesso, col 50% di convesione, il migliore tra tutti quelli che tentano più di 4 triple di media a partita.
Merito della sua continua evoluzione da tiratore, merito del “good to great” giocato dagli texani. Vedere per credere.
Tanto attacco (anche in isolamento), ma la voglia, la grinta e la dedizione restano quelle degli esordi. Un’ala che con le braccia infinite può spesso andarsi a prendere anche i palloni che all’apparenza non gli spettano.
Non solo a rimbalzo, ma anche in difesa. Magari in recupero, contro un signor attaccante. Non fa alcuna differenza, non c’è alcun problema.
Attacco e difesa. Difesa e attacco. Il giocatore completo, l’atleta perfetto del 2015. Con una shotchart da fare invidia al migliore dei tiratori.
Una composizione che partita dopo partita diventa sempre più blu, sempre più scuro. 50% dal campo, 50% da 3, 86% abbondante dalla linea della carità.