3.3: IL REVENUE SHARING: SCOPI E FUNZIONAMENTO
Con il concetto di “Revenue sharing”, la NBA ‘obbliga’ le franchigie in attivo a redistribuire fino al 25% della quota profitti in favore di quelle economicamente più deboli, se non in passivo. Le squadre più blasonate, come i Los Angeles Lakers o i New York Knicks, tendono a portare maggiori incassi per la NBA derivanti spesso da diritti TV. “E’ evidente il divario tra una città New York con i suoi 20 milioni di abitanti e Salt Lake City con meno di un milione di abitanti”. [1]
Maggiori introiti si traducono in un aumento del Salary Cap, che a sua volta comporta un aumento del Salary Floor. Le squadre economicamente più fragili potrebbero risentirne, ma con il revenue sharing la lega vuole aiutare le franchigie che hanno meno mercato, quindi meno disponibilità, a mantenere un giusto equilibrio economico. Durante il lockout del 2011 uno degli argomenti principali è stato anche il revenue sharing: nei precedenti anni la percentuale di distribuzione degli introiti delle franchigie in attivo era nettamente più bassa (intorno al 6% contro l’attuale 50%) e talvolta le franchigie in passivo non riuscivano a risollevarsi dal punto di vista economico, tant’è che si è arrivati ad aumentarne la percentuale.
Con il nuovo piano di revenue sharing tutte le franchigie presenti nella NBA, quindi 30, contribuiranno a versare una parte dei loro profitti in un fondo comune, dopodiché si provvederà a ricevere 1/30 dell’ammontare del fondo stesso. In questa stagione è prevista una distribuzione di 181 milioni di dollari, con due squadre che probabilmente riceveranno 20 milioni di dollari a testa, ed altre sette squadre 16 milioni di dollari ciascuna. L’NBA, per assicurare il buon funzionamento di tale piano, monitora il comportamento sul mercato delle franchigie. Quest’ultime hanno l’obiettivo di generare le entrate previste in base al mercato in cui operano.
Le squadre poco performanti, secondo questo punto di vista, saranno penalizzate dalla NBA e dovranno versare nel fondo comune del revenue sharing la differenza tra gli introiti previsti e quelli effettivamente avuti. Inoltre dovranno implementare un nuovo modello di businness con la lega stessa che può prevedere assunzione di nuovo personale, nuove operazioni sul mercato, rimodellamento delle strategie aziendali e così via. Tutto ciò con l’unico obiettivo di rimettersi in carreggiata e portare alla lega gli introiti potenziali. Se una squadra non dovesse implementare un soddisfacente modello di business, la lega la potrebbe penalizzare abbassando la percentuale di introiti prevista dal revenue sharing. Per tutelare le franchigie più piccole la NBA ha disposto che quelle con un bacino di utenza televisiva minore al milione di persone, dovranno contribuire al revenue secondo una percentuale ridotta, ossia fino al 15% dei loro introiti. Le squadre con meno di 2 milioni di spettatori TV hanno diritto al ricevimento totale del pagamento previsto dal piano di revenue sharing. Mentre quelle che tra i 2 milioni ed i 2.5 milioni di bacino d’utenza televisiva, ricevono una percentuale del pagamento a cui hanno diritto, di solito intorno al 50%. Franchigie invece con un bacino d’utenza televisiva superiore ai 2.5 milioni di spettatori non ricevono alcuna redistribuzione.
Se una squadre è profittevole senza aver bisogno del revenue sharing, riceverà un assegno di importo minimo o addirittura nulla. Qualsiasi pagamento dettato dal revenue sharing che porterebbe una franchigia ad avere più di 10 milioni di profitto è vietato. Il piano prevede anche un fondo addizionale da 15 milioni di dollari per eventuali ed improvvise difficoltà economiche in cui potrebbero cadere le franchigie. I pagamenti previsti dal revenue sharing vengono effettuati nel febbraio della stagione successiva. Da sottolineare poi che anche in questa stagione il 50% dei fondi raccolti dalla luxury tax potrebbe essere destinata al finanziamento del fondo comune.
In termini pratici, l’applicazione di tale modello economico è di facile illustrazione. Prendendo in esame due squadre, X di Indianapolis e inserito in un contesto di mercato piccolo, e Y di New York posizionata all’interno di un grande mercato, il livello di partecipazione al piano di revenue sharing sarà completamente differente. La squadra Y contribuirà maggiormente, con 156.8 milioni di dollari, nella costituzione del fondo comune, quest’ultimo pari a $2.073 miliardi. Anche la squadra X destinerà una parte di introiti al fondo, ma in un ammontare minore. Fatto questo, il piano di revenue sharing restituisce alle 30 squadre inserite nella lega 1/30 del fondo comune: la squadra X incassa 69.1 milioni di dollari, 22.2 in più di quanto allocato nel fondo comune. Anche la squadra Y riceve 69.1 milioni di dollari, ma precedentemente ne aveva allocati ben 156.8 milioni, il che si traduce con una differenza di 87.7 milioni usciti di cassa; alla fine saranno 48 (cifra finale dopo aver esaminato i limiti sopra specificati) i milioni pagati per aiutare le franchigie con basso mercato. Il risultato finale ci porta ad esaminare come la squadra X chiude la stagione con un profitto di 2.2 milioni di dollari, risultato che sarebbe stato senz’altro negativo senza l’aiuto da parte delle altre franchigie. La squadra Y invece termina l’annata con il solito largo margine di profitto: 117 milioni di dollari.
Squadra X e Squadra Y | ||
Totale entrate (meno uscite): | $84.0 milioni | $281.0 milioni |
Profitto prima del revenue sharing: | ($20.0 milioni di perdita) | $165.0 milioni |
Percentuale per il fondo comune: | 55.8% | 55.8% |
Importo destinato al fondo comune: | $46.9 milioni | $156.8 milioni |
Totale fondo comune: | $2.073 miliardi | $2.073 miliardi |
Ammontare ricevuto (1/30 del fondo): | $69.1 milioni | $69.1 milioni |
Totale pagato/ricevuto: | $22.2 milioni incassati | $87.7 milioni pagati |
Limiti al contributo: | N/A | $48.0 milioni |
Totale reale pagato/ricevuto: | $22.2 milioni incassati | $48.0 milioni pagati |
Profitto dopo il revenue sharing: | $2.2 milioni | $117.0 milioni |
[1] G.Caselli, “L’economia dello sport nella società moderna”, Enciclopedia dello Sport (2003)
Glossario
A
All Star Game: La partita delle stelle che si sancisce la fine dell’All-Star Weekend. Dal 1951 i dieci giocatori NBA più votati dal pubblico (più i sostituti scelti dai due allenatori) partecipano alla partita delle stelle, divisi per conference.
All Star Weekend: Il fine settimana delle stelle. In questi due giorni la NBA organizza l’All Star Game, la partita dei Rookie, la gara delle Schiacciate, la gara del Tiro da 3 ed altri giochi di abilità con la palla. Di solito si svolge a metà campionato nel mese di Febbraio.
Amnesty: tradotto letteralmente come ‘amnistia’. È una clausola che permette alle squadre che la utilizzano di rilasciare un giocatore messo sotto contratto prima dell’ultimo lockout.
B
Bird Right: letteralmente ‘diritti Bird’. Un giocatore che matura diritti Bird dà la possibilità alla squadra che li detiene di firmarlo in base quanto previsto dalla Larry Bird Exception o Early Bird Exception.
BRI: Basketball Related Income. Sono gli introiti della lega.
C
Cap Room: spazio salariale disponibile
CBA: Collective Bargaining Agreement. Contratto collettivo che contiene tutte le regole riguardanti il Salary Cap.
Commissioner: Il Presidente della NBA. Attualmente l’incarico è svolto da David Stern, in carica dal 1984.
D
Draft: Scelta delle giovani speranze americane o internazionali da parte delle squadre NBA. Scelgono per prime le peggiori classificate al termine della regular season.
E
ETO: Early Termination Option.
Exception: Eccezione
F
Franchigia: Altro modo per indicare una squadra NBA.
Free Agent: giocatore senza contratto.
Free Agency: mercato dei free agent
J
July Moratorium: periodo di Luglio in cui non possono essere firmati giocatori.
L
Lockout: Blocco delle attività agonistiche che consiste in un vero e proprio sciopero.
Luxury Tax: Letteralmente tassa di lusso. Le squadre NBA che superano il salary cap devono pagare una tassa.
M
Mvp: Most Valuable Player. Premio riconosciuto al miglior giocatore della stagione
N
Nba: National Basketball Association. E’ la lega professionistica di pallacanestro americana
Nbpa: National Basketball Player Association. Sostanzialmente trattasi di sindacato dei giocatori NBA.
Nfl: National Football League. E’ la lega professionistica di football americano
O
Offseason: finestra di mercato estiva. Periodo che corre tra fine Giugno e indicativamente fine Settembre
Overage: Eccedenza
P
Playoff: Le 16 squadre meglio piazzate al termine della regular season, si qualificano ai playoff, ossia la seconda fase del campionato che determina il vincitore del titolo.
Player Option: opzione in favore del giocatore
R
Regular Season: Stagione regolare. Ogni squadra NBA gioca 82 partite. Alla fine della regular season la classifica dirà chi potrà accedere ai playoff, la seconda fase del campionato.
Rookie: Esordiente. Giocatore al primo anno di NBA.
Roster: I giocatori che compongono una squadra
S
Salary Cap: tetto salariale.
Sign & Trade: letteralmente “firma e scambia”.
T
Trade: meccanismo di scambio giocatori tra due o più squadre.
U
Undrafted: non scelti al draft.
V
Veterano: giocatore con esperienza NBA.